01 Nov, 2025 - 18:50

Terre rare, dietro il sorriso di von der Leyen: un’Europa senza voce tra americani e cinesi

Terre rare, dietro il sorriso di von der Leyen: un’Europa senza voce tra americani e cinesi

Dietro il pugno di ferro della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si nasconde una realtà ben diversa. L'Europa resta ai margini del nuovo ordine mondiale e appare sempre più come una spettatrice, piuttosto che un attore protagonista.

Il blocco europeo ha aderito all'accordo siglato tra Stati Uniti e Cina per allentare le restrizioni all'esportazione di terre rare, che ha portato alla sospensione per un anno delle nuove misure restrittive imposte da Pechino.

Le restrizioni della Cina sulle terre rare

Il 9 ottobre 2025, la Cina ha annunciato un rafforzamento dei controlli sulle esportazioni di terre rare. Secondo questa nuova regolamentazione, le imprese straniere avrebbero dovuto ottenere permessi speciali da Pechino per importare magneti di terre rare e determinati semiconduttori.

I controlli severi su minerali fondamentali per la produzione di tecnologie avanzate, auto elettriche, semiconduttori e applicazioni militari avrebbero colpito in modo particolare gli Stati Uniti e altri paesi occidentali.

Questa strategia ha generato forti tensioni commerciali globali, mettendo in crisi le catene di approvvigionamento e spingendo i paesi importatori ad attivare la diplomazia e a cercare fonti alternative.

La mossa di Pechino è stata percepita non solo come una decisione economica, ma anche come uno strumento geopolitico per consolidare la propria posizione dominante nelle tecnologie chiave e nei materiali critici.

L’accordo USA-Cina sulle terre rare

A fine ottobre, il presidente cinese, Xi Jinping, e il suo omologo statunitense, Donald Trump, hanno siglato un accordo di un anno sulle terre rare, che, secondo le dichiarazioni ufficiali, verrà “prorogato regolarmente con il passare del tempo”.

Parallelamente, l’intesa ha previsto una riduzione dei dazi americani sulle importazioni dalla Cina, passando dal 57 per cento al 47 per cento, insieme a rassicurazioni sulla fornitura stabile di minerali critici.

Tuttavia, si tratta più di una tregua strategica che di una soluzione definitiva. Entrambi i paesi hanno interesse ad evitare uno scontro diretto che potrebbe danneggiare l’economia globale, ma rimangono forti motivi di competizione e rivalità geopolitica.

L’Europa ha guadagnato tempo

Il rinvio di 12 mesi delle restrizioni all’export rappresenta una tregua anche per l’Unione Europea.
Bruxelles ha già annunciato l’intenzione di cercare nuove partnership per le terre rare.

L’Europa ha così guadagnato dodici mesi preziosi prima di dover affrontare una potenziale crisi di approvvigionamento. Tuttavia, questa partecipazione non può essere letta come un successo politico di Bruxelles, ma piuttosto come il riflesso della debolezza strutturale e della mancanza di autonomia strategica dell’UE di fronte alle grandi potenze.

Nello scenario globale, Washington e Pechino si confermano i principali protagonisti, mentre l’Europa appare relegata ad un ruolo marginale.

La mancanza di investimenti, la frammentazione politica interna e l’incapacità di agire in modo coeso minano la reale autonomia geopolitica europea, rendendola un attore spesso reattivo e non propositivo.

In definitiva, l’accordo sulle terre rare rappresenta solo una pausa temporanea concessa da due superpotenze in competizione, mentre l’Europa continua a pagare il prezzo della propria subordinazione strategica.

La costruzione di una vera sovranità geopolitica europea resta un obiettivo lontano, se l’Unione vuole evitare di restare intrappolata tra gli interessi contrapposti di Stati Uniti e Cina.

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