Con l’avvicinarsi della data di entrata in vigore delle nuove sanzioni statunitensi imposte ai colossi energetici russi Lukoil e Rosneft, diversi governi sono alla ricerca di soluzioni, tra cui deroghe alle sanzioni, nazionalizzazioni parziali e interventi legislativi straordinari, per salvaguardare la continuità del rifornimento energetico locale. Paesi chiave come Bulgaria e Romania stanno lavorando in tutta fretta per evitare che le loro raffinerie vengano chiuse, prevenendo così ripercussioni immediate sia sul mercato nazionale che sulla stabilità economica regionale.
Il presidente americano, Donald Trump, ha sorpreso molti quando ha deciso di sanzionare due delle più grandi compagnie petrolifere russe, Lukoil e Rosneft. Mentre si avvicina il 21 novembre, data in cui entreranno in vigore i provvedimenti, diversi paesi europei cercano di ottenere esenzioni dalle sanzioni.
Per mesi, Trump ha criticato diversi paesi, tra cui anche quelli dell’Unione Europea, per la loro continua dipendenza da petrolio e gas russi, sostenendo che tali acquisti finanziano la macchina bellica del Cremlino e prolungano il conflitto in Ucraina, che lui dichiara di voler concludere.
La visita del primo ministro ungherese, Viktor Orban, alla Casa Bianca ha avuto una grande risonanza. Trump ha concesso a Orban un'esenzione di un anno dalle sanzioni statunitensi per l'acquisto di petrolio e gas russi. Un'importante concessione da parte del presidente americano, ma anche una grande vittoria per Budapest, che dipende maggiormente dai combustibili fossili russi.
Da un certo punto di vista, l'Ungheria rappresenta una voce solitaria e sovranista contro anche la linea di Bruxelles. Quindi la sua vittoria è un importante segnale di autonomia e pragmaticità che rompe l'uniformità delle politiche europee sulle sanzioni, segnando una frattura significativa all'interno dell'Unione. Da un altro punto di vista, l'esenzione per Budapest solleva dubbi sulla serietà dell'amministrazione statunitense nell'applicare sanzioni.
Da ricordare che con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti si sono posti come principale mediatore tra Kiev e Mosca per porre fine alla guerra. Per mesi, anche se Trump ha minacciato di imporre sanzioni alla Russia, si è astenuto dal prendere una decisione concreta. Per questo non è stato risparmiato da critiche. Ora le concessioni di Trump possono incoraggiare altri a cercare di aggirare le sanzioni statunitensi.
La decisione degli Stati Uniti di imporre sanzioni drastiche contro i colossi petroliferi russi sta gettando nel caos i paesi europei dove queste compagnie operano importanti impianti. In particolare la Bulgaria e la Romania si trovano a fronteggiare il rischio imminente di dover spegnere le loro raffinerie di petrolio di proprietà russa, con gravi conseguenze sul mercato del carburante e sull’economia nazionale.
Un articolo di Politico menziona infatti gli sforzi di Bulgaria e Romania per evitare la chiusura delle loro raffinerie di petrolio di proprietà russa, Lukoil, prima del 21 novembre.
La Bulgaria ha già approvato una legge straordinaria che consente al governo di nominare un direttore con ampi poteri decisionali sulla raffineria di Burgas, fino alla nazionalizzazione. Secondo quanto riportato, la Romania sta valutando una "proroga delle sanzioni" o altre soluzioni, inclusa la nazionalizzazione come ultima opzione.
Entrambi i paesi cercano una soluzione volta a mantenere operative le raffinerie e garantire la fornitura di carburante.
Queste mosse si inseriscono in un contesto europeo di crescente tensione tra la volontà di colpire economicamente la Russia e la necessità di proteggere stabilità e forniture nei propri paesi, come mostrato anche dalle deroghe già concesse ad altri paesi come l’Ungheria.
La Germania ha ottenuto un’esenzione di sei mesi per la raffineria di Schwedt, di proprietà di Rosneft. Questa raffineria è gestita dal governo tedesco dal 2022. Oltre a Germania e Ungheria, anche la Moldavia è in cerca di esenzioni simili.
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