Era il 2 luglio 1994 quando Paolo Adinolfi, magistrato romano di 52 anni, conosciuto come un integerrimo servitore dello Stato, uscì dalla sua abitazione in via della Farnesina per non farvi più ritorno.
Un mistero che, dopo oltre trent’anni, cerca ancora una soluzione e si intreccia con la Banda della Magliana e in particolare con Enrico Nicoletti, il "cassiere" dell'organizzazione criminale romana.
Le indagini portate avanti dalla Procura di Perugia si sono sempre concluse con delle archiviazioni. Fino alla possibile svolta: da giovedì 13 novembre 2025 si scava sotto la Casa del Jazz della Capitale, nata sopra un bene confiscato alla Banda della Magliana, dove è presente una galleria che è stata tombata ma mai ispezionata.
Tre le ipotesi, anche quella che in questo tunnel possa trovarsi il corpo del giudice.
Nato il 6 aprile 1942 a Roma, dopo aver superato giovanissimo il concorso in magistratura e aver lavorato per un periodo a Milano, tornò nella Capitale dove aveva costruito gran parte della carriera. Al momento della sua misteriosa sparizione era da poco diventato giudice della Corte d'Appello di Roma: per anni aveva lavorato nella sezione Fallimentare del Tribunale. In quella sezione seguiva casi anche molto delicati, tra economia, potere e criminalità organizzata. Tra questi i fallimenti Fiscom e Ambra Assicurazioni.
La mattina del 2 luglio 1994, Adinolfi uscì dalla sua abitazione, dopo aver salutato la moglie Nicoletta, dicendo che sarebbe rientrato per pranzo. Quel giorno, dopo alcune attività tra il Tribunale di Roma e l'ufficio postale al Villaggio Olimpico, dal quale inviò un vaglia di 500mila lire alla moglie, fu visto salire su un autobus diretto verso l'abitazione della madre nel quartiere Parioli, nonostante fosse uscito in auto. Da allora sparì nel nulla.
Il giudice aveva 52 anni. Come emerso dalle indagini, le chiavi della sua Bmw 316 vennero trovate nella buca delle lettere della madre.
Paolo Adinolfi era sposato con Nicoletta e aveva due figli, Giovanna e Lorenzo, oggi avvocato. I familiari non hanno mai avuto risposte certe in merito alla scomparsa del loro caro, né un corpo da seppellire e su cui piangere.
Nel corso di questi 30 anni, la sua sparizione è rimasta un mistero, alimentando ipotesi secondo le quali potesse esserci un collegamento tra il suo lavoro in magistratura e alcune vicende legate alla criminalità romana, in particolare alla Banda della Magliana.
A novembre del 1994 la trasmissione televisiva Chi l'ha visto? raccolse la testimonianza del bibliotecario Marcello Mosca, che raccontò di aver visto Adinolfi la mattina della sua scomparsa insieme a un uomo sulla trentina di media statura, ben vestito.
Altre testimonianze avevano parlato di presunti avvistamenti di Adinolfi su un treno tra Bologna e Torino, pochi giorni dopo la sua scomparsa, e di telefonate anonime con affermazioni inquietanti riguardo un possibile omicidio.
Questi indizi, seppur mai confermati con certezza, hanno dato spessore all’ipotesi che la sua sparizione fosse collegata a qualche attività o conoscenza acquisita nel corso dei suoi incarichi come giudice fallimentare, soprattutto in procedimenti complessi. Come la bancarotta della Fiscom, con presunti legami con Enrico Nicoletti, e il fallimento dell'Assicurazione Ambra.
Il colpo di scena nel caso è arrivato a novembre 2025 con gli scavi sotto la Casa del Jazz a Roma, all'inizio di viale Cristoforo Colombo, un bene confiscato alla Banda della Magliana e nelle disponibilità di Nicoletti.
Il prefetto Lamberto Giannini ha spiegato all'AGI che
L'ipotesi è che in quel tunnel chiuso da trent'anni possano esserci i resti del giudice, scomparso una mattina d'estate che sembrava uguale a tante altre.
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