Dare il via libera all’acquisto di armi dagli Usa per finanziare la guerra in Ucraina, mentre nel Paese il governo è sotto attacco dell’opposizione per la manovra improntata all’austerity non è proprio la scelta più consigliata.
Lo sa bene Giorgia Meloni che è, inoltre, consapevole del fatto che la decisione sarebbe ancora più insidiosa a una settimana dalle elezioni regionali in Campania, Veneto e Puglia.
Un assist al centrosinistra e a Matteo Salvini. La posizione della Lega è un altro capitolo che tormenta la premier e tiene in fibrillazione il centrodestra.
Giorgia Meloni, tuttavia, sa anche che non potrà rimandare la decisione all’infinito e sa anche che la sua decisione non potrà essere di totale chiusura all’ipotesi dell’acquisto delle armi, a meno che non voglia rischiare di scontentare Donald Trump.
E allora? Probabilmente la decisione è solo congelata e verrà ripresa dopo il 23 novembre, a urne ormai chiuse.
Il governo italiano sarà chiamato a breve a decidere se acquistare armi dagli USA – come previsto dal Piano Purl della NATO – per finanziare l’Ucraina nella guerra contro la Russia. Una scelta insidiosa per Giorgia Meloni che deve bilanciare la postura filo-Kiev con i malumori della sua maggioranza, ma soprattutto con la crescente stanchezza dell’opinione pubblica.
Qualsiasi sia la decisione ci saranno contraccolpi e al momento la cosa migliore da fare è rinviare tutto a dopo le elezioni regionali in Campania, Puglia e Veneto (23-24 novembre), quando eventuali scossoni saranno più semplici da gestire.
Il problema principale il governo ce l’ha in casa e si chiama Matteo Salvini. I recenti scandali per corruzione hanno consentito al leader della Lega di rilanciare la sua campagna contro il sostegno militare a Volodymyr Zelensky. Il Carroccio ha ribadito di non essere più disposto a votare ulteriori pacchetti di aiuti a Kiev, contraddicendo apertamente la linea ufficiale del governo.
Finanziare l’acquisto di armi con soldi pubblici sarebbe, inoltre, un regalo al centrosinistra che ha già impostato un’importante parte della sua campagna contro la Legge di Bilancio proprio sull’accusa al governo di togliere soldi agli italiani per finanziare il riarmo e l’acquisto di armi.
Si chiama Purl (Prioritized Ukraine Requirements List) il piano coordinato dalla NATO che prevede l’acquisto da parte degli alleati europei e del Canada, di armi americane per coprire le richieste dell’esercito ucraino.
Al momento sono già sedici i Paesi che hanno deciso di aderire e cinque i pacchetti di aiuti da 500 milioni di dollari finanziati.
L’Italia, tuttavia, non rientra tra questi. Giorgia Meloni sta prendendo tempo e forse è anche per questo che il leader ucraino Zelensky ha deciso di non passare per Roma nel suo tour dei Paesi europei per la chiusura degli accordi per gli aiuti.
La sua posizione rischia di isolare l’Italia anche se al momento è in buona compagnia, poiché – per ragioni diverse – anche Francia e Gran Bretagna non hanno ancora dato il via libera ai finanziamenti.
Il recente scandalo che ha portato alle dimissioni dei ministri dell’Energia e della Giustizia in Ucraina ha riacceso le discussioni sulla trasparenza nella gestione dei fondi occidentali.
La vicenda si inserisce in un clima di diffuso scetticismo tra l’opinione pubblica italiana, soprattutto tra chi mette in dubbio l’efficacia e la correttezza nell’utilizzo degli aiuti e degli armamenti inviati a Kiev.
Questo malcontento emerge chiaramente anche dai sondaggi.
Un’analisi di Demopolis dell’ottobre 2024 — relativa agli atteggiamenti degli italiani dopo due anni di guerra tra Russia e Ucraina — evidenziava come oltre il 65% desiderasse già allora un percorso diplomatico per una tregua e un negoziato tra Mosca e Kiev. Alla stessa data, solo poco più di un quarto degli intervistati riteneva opportuna una continuazione forte del sostegno militare.
Per quanto riguarda i supporti all’invio di armi, il 53% degli italiani si dichiarava contrario alla prosecuzione degli aiuti militari, mentre solo il 40% era favorevole al supporto bellico continuo.
Il dibattito nel nostro Paese sul sostegno all’Ucraina si presenta dunque instabile, con un equilibrio che potrebbe influenzare le future scelte di politica estera e mettere alla prova la coesione della coalizione di governo.
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