20 Nov, 2025 - 18:11

Oltre al Venezuela, anche Messico e Colombia finiscono nel mirino di Trump: il non interventismo a singhiozzo del presidente Usa

Oltre al Venezuela, anche Messico e Colombia finiscono nel mirino di Trump: il non interventismo a singhiozzo del presidente Usa

La geopolitica dell’America Latina è tornata sotto i riflettori nelle strategie dell’amministrazione Trump, che ha esteso le sue mire non solo al Venezuela, ma anche a Messico e Colombia. La retorica aggressiva del presidente americano, giustificata ufficialmente dalla lotta al narcotraffico, si traduce in una netta escalation di tensioni con eventuali implicazioni per la stabilità della regione. Tuttavia, questa dinamica sembrerebbe inserirsi in un contesto più ampio di competizione internazionale, con attori globali pronti a contare sulle loro alleanze latinoamericane.

La strategia di Trump contro il Venezuela

Il Venezuela resta al centro dell’attenzione di Washington. Il presidente americano, Donald Trump, ha dato inizio allo schieramento delle forze militari e delle navi da guerra al largo delle coste venezuelane a fine agosto. Oltre a una presenza militare crescente, le tensioni sono aumentate con l’arrivo della più grande portaerei nel Mar dei Caraibi.

Washington ha giustificato la decisione con la lotta al narcotraffico, mentre Caracas sospetta un’eventuale intenzione di favorire un cambio di regime.

Sebbene al momento non sia chiaro quale sia la finalità delle azioni dell’amministrazione Trump, il presidente ha già approvato operazioni della CIA nel territorio venezuelano. Al momento, però, è escluso un intervento militare di terra. Parallelamente, Washington e Caracas avrebbero ripreso anche i colloqui.

La crescente pressione degli Usa su Messico e Colombia

L’azione più conosciuta riguarda chiaramente il Venezuela. Tuttavia, parallelamente, il Messico e la Colombia sono finiti nel mirino a causa del narcotraffico. Trump, con una retorica intransigente, ha dichiarato esplicitamente di non escludere raid militari nei territori di entrambi i Paesi per la lotta contro il traffico di droga. Questa linea dura fa emergere spinte interventiste che rischiano di destabilizzare ulteriormente la regione.

"Avrei intenzione di lanciare scioperi in Messico per fermare la droga? Per me va bene, facciamo qualsiasi cosa per fermare la droga", ha affermato parlando con i giornalisti nello Studio Ovale. La presidente messicana, Claudia Sheinbaum, ha respinto le minacce di Trump citando la sovranità e l’integrità territoriale del Paese.

Spostando l'attenzione sulla Colombia, Trump ha affermato:

virgolette
La Colombia ha fabbriche di cocaina, dove la producono. Potrei distruggere quelle fabbriche? Ne sarei orgoglioso, personalmente.

Il presidente colombiano, Gustavo Petro, aveva denunciato la strategia di Washington riguardo al Venezuela. Le parole di Petro hanno successivamente creato una frattura diplomatica con Trump.

Le reazioni della comunità internazionale

Pur definendosi nel passato come un promotore del ritorno degli Stati Uniti ad un ruolo più isolazionista rispetto alle guerre esterne, Trump oggi sembra adottare un approccio molto più aggressivo nella sua regione “cortile di casa”. Questa politica quindi appare più come un “interventismo selettivo”, ovvero l’uso di azioni decise e mirate in aree considerate strategiche per gli interessi americani. È un approccio pragmatico, ma che alimenta forti tensioni regionali e crea un paradosso tra la retorica di distensione e gli atti di provocazione militare.

La crescente aggressività degli Stati Uniti in America Latina non passa inosservata a livello globale. La pressione degli Stati Uniti ha suscitato anche reazioni di condanna da parte di governi regionali e organizzazioni internazionali, che denunciano un aumento delle ingerenze e richiamano al rispetto della sovranità nazionale e della pace.

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