Il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, è al centro di un acceso dibattito internazionale in seguito ad accuse che lo collegano al cosiddetto “turismo dei cecchini” durante l’assedio di Sarajevo negli anni ’90. Queste accuse, sollevate da un giornalista investigativo croato, hanno scatenato una dura reazione del leader serbo, che ha negato ogni legame con tali atroci eventi. La vicenda ha riacceso i riflettori su uno dei periodi più drammatici della guerra in Bosnia, facendo emergere nuove controversie sulle responsabilità e le implicazioni politiche ancora vive a distanza di decenni.
Le accuse nei confronti di Aleksandar Vucic sono state avanzate da Domagoj Margetic, un noto giornalista investigativo croato.
Margetic ha annunciato, il 18 novembre 2025, di aver presentato “una denuncia alla Procura di Milano sul coinvolgimento di Aleksandar Vucic nei safari umanitari nella Sarajevo in tempo di guerra”.
Secondo le accuse Vucic sarebbe stato coinvolto o avrebbe facilitato una forma macabra di “turismo dei cecchini”, in cui stranieri avrebbero pagato le forze serbo-bosniache per sparare a civili innocenti durante l’assedio di Sarajevo.
Nella denuncia formale presentata alla procura di Milano, Margetic cita un video del 1993 e varie testimonianze. Il giornalista sostiene che Vucic era un “volontario di guerra” a Sarajevo nel 1992 e nel 1993 e membro del Nuovo Distaccamento Cetnico di Sarajevo dell’Esercito della Repubblica Serba (VRS).
Sostiene, inoltre, che il presidente serbo abbia passato mesi in prima linea nel cimitero ebraico di Sarajevo, luogo chiave di queste presunte attività. L’inchiesta italiana si concentra anche sul sospetto che dei cittadini abbiano partecipato a questi “safari umani” con finalità omicide.
Di fronte a queste gravi accuse, Vucic ha risposto, rigettando ogni addebito. A margine della conferenza commerciale Regno Unito-Balcani occidentali a Belgrado, il presidente ha dichiarato:
In particolare, riguardo al filmato del 1993 che lo mostra con un fucile, Vučić ha precisato:
Ha definito le accuse “bugie”, sottolineando come queste affermazioni mirino a dipingerlo come un “mostro” e un “assassino a sangue freddo”.
L’assedio di Sarajevo dal 1992 al 1996 rappresenta uno dei capitoli più bui della storia europea recente, con oltre 10mila morti e una città tenuta sotto tiro costante dai cecchini.
Le forze serbo-bosniache, sotto il comando di Radovan Karadzic, condannato per genocidio, hanno circondato e assediato la città per anni.
Sebbene queste affermazioni siano estremamente gravi, finora non sono state confermate da prove giudiziarie accessibili pubblicamente.
Il caso è complesso e rischia di aprire nuovi scenari sulle responsabilità e sulla memoria della guerra.
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