Miracolo! Anche in Italia c'è chi si dimette!
Nel caso di specie, Angelo Fanizza, il magistrato del Tar del Lazio nominato appena un mese fa, il 10 ottobre, segretario generale del Garante della Privacy.
Ma perché questa scelta così poco "italiana"?
Al centro della polemica che ha portato Fanizza a lasciare la poltrona c’è un documento riservato emerso grazie all’inchiesta della trasmissione Report, che ha rivelato come Fanizza abbia richiesto al dirigente informatico dell’Autorità di eseguire un’estrazione urgente delle email, degli accessi VPN, delle cartelle condivise e dei sistemi documentali dei dipendenti.
L’obiettivo era identificare la cosiddetta “talpa” che avrebbe passato informazioni interne a Report.
Insomma, altro che privacy!
La mossa si è rivelata alquanto azzardata, in totale contraddizione con il ruolo dell’Autorità, che invece dovrebbe garantire la tutela dei dati personali.
Così, quest'episodio ha provocato un fermento immediato tra i lavoratori, che hanno unanimemente chiesto le dimissioni dell’intero collegio del Garante.
Ma, in assenza di un passo indietro da parte dei vertici, a lasciare è stato appunto Fanizza. Solo Fanizza. Almeno uno nell'universo, per parafrasare Mia Martini.
Angelo Fanizza è nato a Bari nel 1973 ed è un magistrato amministrativo con una solida formazione accademica, essendo anche dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia.
Prima della sua nomina al Garante, ha avuto un’importante carriera nel settore della giustizia amministrativa, prestando servizio presso il TAR della Lombardia e poi in Puglia.
È stato anche componente del tribunale nazionale federale della FIGC nella sezione disciplinare, dimostrando una competenza trasversale anche in ambito sportivo.
Come docente universitario ha insegnato all’Università di Bari e ha svolto una intensa attività formativa e scientifica con numerose pubblicazioni.
Fanizza è stato nominato segretario generale del Garante della Privacy da poche settimane con voto unanime del collegio dell’Autorità, incarico che avrebbe dovuto ricoprire fino al 2027.
Alla guida della macchina amministrativa dell’Authority, aveva il compito di coordinare e gestire le risorse e i processi interni, affrontando sfide complesse legate all’evoluzione tecnologica e alla regolamentazione della privacy.
Sta di fatto che il suo caso si inserisce in quello più generale che coinvolge tutta la struttura del Garante della Privacy, accusata di essere poco più che un cimitero di elefanti politici.
Tutto è iniziato il 23 ottobre, quando il Garante ha multato Report per aver diffuso, dopo il caso Sangiuliano-Boccia, una telefonata tra l'ex ministro e la moglie: per l'Authority "era privata", non andava duffusa.
Report, però, in tutta risposta, ha mostrato in altre puntate un video in cui si vedeva Agostino Ghiglia, un consigliere dell'Authority, entrare nella sede di Fratelli d'Italia il giorno prima della decisione sulla multa.
Da allora, la trasmissione di Ranucci si è concentrata sui conflitti d'interessi degli altri membri del Garante.
L'annuncio della diffida di Ghiglia per tentare di bloccare la messa in onda di Report, ha scatenato la reazione dell'opposizione che ha chiesto le sue dimissioni.
Ma a lasciare, almeno finora, è stato solo Angelo Fanizza. Miracolo!
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