22 Nov, 2025 - 17:07

Voto obbligatorio per combattere l'astensionismo? Chi ha lanciato l'idea di multare chi si astiene

Voto obbligatorio per combattere l'astensionismo? Chi ha lanciato l'idea di multare chi si astiene

A male estremi, estremi rimedi. Se è vero che dobbiamo tenerci stretta la democrazia e che quest'ultima può sopravvivere solo grazie alla partecipazione popolare soprattutto nel momento dell'apertura delle urne, anche in Italia c'è chi vorrebbe introdurre il voto obbligatorio.

Proprio così: o si va a votare o si paga una multa.

Pochi giorni fa, a rilanciare l'idea è stato il direttore de La Stampa Andrea Malaguti.

Del resto, le elezioni regionali di domani in Campania, Puglia e Veneto promettono, complice il cattivo tempo, di segnare un nuovo record negativo di affluenza alle urne. E qualcosa bisogna pur fare.

Il voto obbligatorio in Italia? Chi ha rilanciato l'idea che in Cile è già realtà

L’idea così drastica di rendere il voto non più un diritto-dovere, ma solo un dovere dei cittadini, nasce dalla constatazione che se la politica non riesce a convincere con le buone, allora dovrebbe farlo con le cattive. Altrimenti, le democrazie rischiano davvero di finire soffocate dai regimi totalitari.

C'è chi, come il costituzionalista Michele Ainis, propone di far affidamento sul voto elettronico.

Ma prima di valutare questa ipotesi, vale la pena guardare a un esperimento recente: il caso del Cile, che ha introdotto il voto obbligatorio poche settimane prima delle elezioni presidenziali del 2025, punendo gli assenti con multe da 36 a 107 dollari circa.

Ebbene, si può dire che gli effetti sperati sono arrivati: l’affluenza alle urne è quasi raddoppiata, passando dal 47% delle presidenziali del 2021 all’85% del 2025.

Sta di fatto che questa massa di “votanti obbligati” ha influenzato l’esito in modo contrario alle aspettative della sinistra.

La candidata comunista di sinistra Jeannette Jara, infatti, ha ottenuto il 26,8% e si confronterà al ballottaggio con l’ultraconservatore José Antonio Kast, primo vero sfidante con il 23,9%.

Tuttavia, sommando i voti per tutti i candidati di destra, si arriva al 70%, una vittoria schiacciante da parte di questa parte politica favorita in gran parte proprio dal voto obbligatorio: di solito, secondo gli analisti (anche cileni), a disertare le urne sono le persone con simpatie a destra.

Anche nel referendum costituzionale del 2022, che avrebbe dovuto sostituire la “Costituzione di Pinochet” con una nuova più progressista, il voto obbligatorio non ha prodotto l’effetto sperato dalla sinistra: il “no” alla nuova Costituzione ha vinto con il 62%, sancendo la permanenza della vecchia carta.

Questo ha dimostrato che la semplice presenza obbligata alle urne non si traduce automaticamente in un successo per chi spera che uno zoccolo duro di astensionisti progressisti possa essere recuperato artificialmente. 

Spesso a sinistra si ritiene che la destra vinca per colpa dell’astensione, convinti che chi resta a casa sia un elettore progressista deluso che basta trascinare al voto per ottenere una maggioranza. Il caso cileno dimostra, invece, che così non è se non si offre qualcosa di convincente agli elettori.

Il caso italiano

In conclusione, il tentativo di Malaguti di rilanciare il voto obbligatorio come rimedio all’astensionismo si scontra con una realtà complessa e insidiosa: obbligare a votare può essere davvero una scorciatoia efficace?

Il quesito rimane aperto.

In ogni caso, l'esempio cileno ci dice che rafforza le forze più conservatrici.

Lunga e tortuosa è la strada per far guarire le democrazie.

 
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