L’infrazione UE, che mette in discussione gli incentivi alle caldaie a gas, evidenzia una duplice sfida per l'Italia: conciliare le esigenze di risparmio e crescita nazionali con l’obiettivo di sostenibilità imposto da Bruxelles. Il confronto tra Roma e la Commissione Europea si gioca su due fronti: la necessità di edifici più efficienti e la persistenza degli aiuti di Stato alle fonti fossili. In questo contesto, è sostenibile continuare a incentivare impianti a gas mentre l’Europa spinge per edifici a emissioni zero e tecnologie più pulite?
Al centro della contestazione c'è il mancato allineamento dell’Italia alla nuova Direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), che richiede la progressiva eliminazione dei combustibili fossili negli edifici e l'immediata revisione degli incentivi nazionali ancora in vigore.
La Commissione Europea ha avviato la procedura di infrazione contro l'Italia, contestando la presenza di incentivi alle caldaie a gas, considerati incompatibili con gli obiettivi della Direttiva EPBD rivista e con l’intero pacchetto climatico “Fit for 55”.
Come riportato da Il Sole 24 Ore, Bruxelles ritiene che l'Italia non stia sostenendo adeguatamente la transizione energetica, ma stia invece prolungando l'uso di tecnologie basate su combustibili fossili proprio tramite quegli stessi incentivi. Una scommessa mancata che il Paese non può più permettersi di ignorare, proprio mentre l’UE spinge con decisione verso le pompe di calore e il modello degli edifici “a emissioni zero” (Zero-Emission Buildings, ZEB).
A livello europeo, inoltre, si stanno finalizzando i meccanismi per l’adozione degli standard minimi di prestazione energetica (MEPS) per gli edifici esistenti e nuove regole più severe per quelli di nuova costruzione, che dovranno essere “a emissioni zero” entro il 2030. L’obiettivo è ridimensionare gli aiuti nazionali che ancora sostengono tecnologie fossili, reindirizzando le risorse verso incentivi realmente orientati alla decarbonizzazione.
Per rispondere alle disposizioni europee, la revisione della Direttiva EPBD stabilisce obiettivi chiari e vincolanti per gli Stati membri:
Bruxelles non contesta l’adozione degli incentivi in sé, quanto piuttosto il ritardo nell’implementazione degli Standard Minimi di Prestazione Energetica (MEPS) e la permanenza di misure che continuano a sostenere tecnologie non compatibili con il percorso europeo di decarbonizzazione.
Il tema più caldo riguarda i bonus che in Italia continuano a sostenere, tra cui:
Secondo La Nuova Ecologia, la Commissione considera queste misure un freno all’abbandono dei combustibili fossili, poiché prolungano la vita di investimenti destinati a diventare obsoleti in pochi anni.
L'infrazione non è un semplice “ammonimento verbale”. Sebbene la procedura non preveda sanzioni economiche immediate, produce effetti diretti sul mercato energetico e sulla programmazione nazionale.
Alla luce di questa procedura, il Governo è ora chiamato a rivalutare la presenza di tali bonus e detrazioni, applicare limiti più stringenti o, più probabilmente, spostare le risorse verso soluzioni coerenti con la EPBD, come le pompe di calore. Un cambiamento che orienterà famiglie e imprese verso sistemi ad alta efficienza energetica e a zero emissioni.
Il nodo centrale del dibattito risiede in due esigenze contrapposte: da un lato l'UE richiede un abbandono rapido dei combustibili fossili negli edifici; dall’altro l’Italia cerca di tutelare famiglie, imprese e un settore industriale ancora fortemente radicato nelle infrastrutture del gas.
Tuttavia, mantenere attivi gli incentivi per le caldaie a gas significa, di fatto, rallentare quella transizione che l’Europa considera imprescindibile per raggiungere gli obiettivi climatici del 2030 e del 2050.
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