05 Dec, 2025 - 12:28

Tutti i no di Salvini sull’Ucraina che agitano il governo: dove vuole arrivare il leader della Lega?

Tutti i no di Salvini sull’Ucraina che agitano il governo: dove vuole arrivare il leader della Lega?

Nei giorni decisivi della trattativa tra Stati Uniti, Russia e Ucraina per un possibile cessate il fuoco, con i negoziati sempre più complessi a causa delle posizioni rigide di Vladimir Putin, in Italia le fratture interne alla maggioranza sul dossier ucraino emergono con sempre maggiore evidenza.

La Lega, da sempre la forza più fredda nel sostegno a Kiev, ha intensificato la pressione sugli alleati di Governo, facendo pesare la propria indisponibilità a prolungare l’appoggio militare e finanziario all’Ucraina.

Non solo. Nel dibattito europeo sul possibile utilizzo degli asset russi congelati per finanziare la ricostruzione ucraina, la Lega ha scelto non solo di opporsi all’ipotesi, ma è arrivata ad avanzare l’opzione opposta, chiedendo che quegli asset vengano restituiti a Mosca.

Il nodo armi a Kiev e lo scontro nella maggioranza

Il primo nodo è quello del dodicesimo pacchetto di armi a Kiev. Il partito di Matteo Salvini ha cominciato a sollevare obiezioni a un nuovo invio già da settimane, a partire dallo scandalo corruzione che ha travolto l’Ucraina, arrivando a coinvolgere anche il numero due di Zelensky, Andriy Yermak. “Non vorrei che con i soldi dei lavoratori e dei pensionati italiani si andasse ad alimentare ulteriore corruzione”, aveva detto il leader leghista.

Le ragioni del no non si limitano ai dubbi dell’utilizzo dei fondi. È sempre più evidente come la posizione di Salvini poggi su un assunto fondamentale, ribadito a più riprese: nella sua visione, l’Ucraina avrebbe ormai di fatto perso la guerra. “Bisogna essere oggettivi: c’è qualcuno che pensa davvero che l’Ucraina possa vincere il conflitto?” ha detto il leader leghista. Per questo, secondo il vicepremier, è meglio attendere l’esito del percorso negoziale piuttosto che continuare a “gettare benzina sul fuoco”.

Meloni conferma gli aiuti e prova a ricucire

I distinguo della Lega non sembrano comunque poter scalfire la posizione ufficiale del Governo. Come ribadito dalla premier Meloni, il pacchetto di sostegno ci sarà e arriverà entro il 31 dicembre, come previsto. “Aiutiamo l’Ucraina a difendersi dall’aggressore, c’è più di un Consiglio da qui a fine anno che lo consente”, ha dichiarato la presidente del Consiglio dal Bahrein, ridimensionando il rinvio a una semplice questione “logistica”.

“Lavoriamo per la pace”, ha poi ribadito Meloni, “ma finché ci sarà una guerra faremo quello che possiamo fare, come abbiamo sempre fatto, per aiutare l’Ucraina”.

Anche il ministro Crosetto, infine, ha cercato di rasserenare gli animi, ricordando come la Lega abbia spesso preso le distanze a parole, ma nei fatti abbia sempre votato in modo compatto con la maggioranza.

Asset russi e Mes, un fronte delicato per il governo

L’ulteriore invio di armi all’Ucraina non è però l’unico dossier indigesto alla Lega. Da mesi, infatti, in Europa si discute la possibilità di utilizzare gli asset russi congelati all’inizio della guerra — 210 miliardi di euro — per finanziare la ricostruzione ucraina a fine conflitto. Il parere negativo della Banca centrale europea, non disponibile ad assumere il ruolo di garante dell’operazione, ha al momento bloccato l’ipotesi e anzi costretto l’Unione a valutare soluzioni alternative. 

Tra quelle sul tavolo è emersa anche l’idea di ricorrere al Meccanismo europeo di stabilità. Nel Governo, l’ipotesi è stata accolta con favore da Antonio Tajani: “Eravamo contrari per vari motivi alla riforma del Mes”, ha spiegato il ministro degli Esteri, “ma quei soldi ci sono, e usarli come garanzia potrebbe essere una soluzione”.

La replica di Salvini non ha però lasciato margini di interpretazione: “La sola parola Mes mi fa venire l’orticaria”, ha detto il leader leghista, aprendo un nuovo fronte di tensione con la maggioranza. Sul tema, la premier è invece rimasta al momento silente: non è escluso che oggi Meloni possa infatti riconsiderare la storica opposizione al Mes sanitario per sostenere l’Ucraina, soprattutto in assenza di alternative concrete.

Salvini agita la coalizione. Cosa vuole il leader leghista

Se i continui distinguo della Lega, sempre pronta a rimarcare la distanza dagli alleati sul dossier ucraino, non sorprendono più, è lecito chiedersi quanto questi possano essere ancora tollerati dalla premier Giorgia Meloni, già costretta a un difficile equilibrio in Europa per tenere insieme la linea comune con gli alleati e i sussulti di Donald Trump, ondivago nel sostegno a Kiev e spesso conciliante verso le richieste di Vladimir Putin.

L’atteggiamento di Salvini, peraltro, ha dato linfa alle opposizioni, compatte nel sottolineare le ambiguità del leader leghista, vicepremier del Governo. La segretaria del Pd Elly Schlein ha per esempio ricordato in queste ore la celebre foto di Salvini nella Piazza Rossa: “Salvini non ha ancora tolto la maglietta di Putin. Il problema è che questa ambiguità la paga l’Italia, che resta in panchina a causa di queste divisioni”.

La domanda, infine, rimane: quale strategia sta perseguendo Salvini? Fino a quando tirerà la corda sull’Ucraina, mettendo a rischio la tenuta del Governo e la posizione dell’Italia in Europa?

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