18 Dec, 2025 - 09:22

Riforma dei servizi di intelligence: la svolta di Trump e il retroscena che agita Palazzo Chigi

Riforma dei servizi di intelligence: la svolta di Trump e il retroscena che agita Palazzo Chigi

Il governo Meloni lavora a una riforma dei servizi di intelligence che, ufficialmente, risponde al mutato contesto internazionale. Ma dietro le dichiarazioni formali si muove un livello più profondo, fatto di preoccupazioni riservate, dossier e valutazioni che arrivano direttamente dagli apparati di sicurezza. Secondo fonti dell’intelligence, la svolta impressa da Donald Trump alla politica estera americana ha accelerato un processo che era già considerato inevitabile: l’Italia deve imparare a difendersi da sola.

Il nuovo scenario geopolitico visto dai servizi

Negli ambienti della sicurezza si ripete da mesi lo stesso concetto: l’ombrello statunitense non è più scontato. La cooperazione con Washington resta, ma non ha più il carattere automatico del passato. Fonti informate parlano di una riduzione selettiva della condivisione di informazioni, soprattutto su scenari sensibili e crisi future.

Questo cambio di passo ha fatto scattare l’allarme a Palazzo Chigi. La convinzione, condivisa ai massimi livelli, è che l’Italia non possa più permettersi servizi lenti, appesantiti da procedure pensate per un mondo che non esiste più.

Intercettazioni preventive, il vero nodo della riforma

Il primo tassello della riforma riguarda le intercettazioni preventive, uno strumento chiave per anticipare minacce interne ed esterne. Ufficialmente si parla di semplificazione, ma dietro le quinte i servizi chiedono tempi di reazione drasticamente più rapidi.

Secondo fonti dell’intelligence, in più di un’occasione negli ultimi anni le autorizzazioni sarebbero arrivate quando “la finestra operativa era già chiusa”. Da qui la spinta a ridurre passaggi e controlli preventivi, accettando consapevolmente una compressione delle garanzie individuali.

Sicurezza contro diritti: il dilemma discusso in modo riservato

Il conflitto tra sicurezza e diritti non viene negato, ma affrontato con pragmatismo. Nei briefing riservati che circolano tra governo e apparati si parla apertamente di un nuovo equilibrio costituzionale di fatto, imposto dagli eventi internazionali.

La linea è chiara: meglio assumersi oggi la responsabilità politica di scelte difficili, piuttosto che trovarsi domani impreparati di fronte a crisi o attacchi che non si è riusciti a prevenire.

Copasir, il ruolo chiave per rassicurare il Parlamento

Per evitare accuse di deriva autoritaria, il governo starebbe lavorando in parallelo a un rafforzamento del Copasir. Non è un dettaglio. Secondo fonti parlamentari, l’idea è quella di coinvolgere maggiormente il comitato nei flussi informativi, trasformandolo in una sorta di “valvola di sicurezza” democratica.

Un modo per dire alle opposizioni: i poteri aumentano, ma i controlli pure. Anche se, come ammettono gli addetti ai lavori, più efficacia significa inevitabilmente meno trasparenza.

Il messaggio che arriva da Washington

Nei corridoi istituzionali si racconta che alcuni segnali arrivati dagli Stati Uniti siano stati letti come un invito implicito: “organizzatevi”. Non un abbandono, ma un cambio di priorità. Ed è qui che entra in gioco la cosiddetta svolta trumpiana, intesa non solo come una persona, ma come una linea politica destinata a durare.

Per l’Italia questo significa rafforzare intelligence, difesa e autonomia strategica, senza aspettarsi che qualcun altro risolva i problemi.

Il patto con l’opposizione, una richiesta che viene dai servizi

Uno dei retroscena più significativi riguarda l’appello a un patto bipartisan. Non è solo una scelta politica: fonti dell’intelligence spingono per una condivisione ampia, temendo che una riforma approvata a colpi di maggioranza possa essere smontata dal governo successivo.

Da qui la pressione affinché il governo apra un canale riservato con le opposizioni, evitando che la sicurezza nazionale diventi l’ennesimo terreno di scontro ideologico.

Una riforma inevitabile, ma ad alto rischio politico

La riforma dei servizi di intelligence si muove dunque su un crinale stretto. Da un lato l’urgenza operativa, dall’altro il rischio di lacerazioni politiche e istituzionali. Secondo chi segue il dossier da vicino, il tempo per rinviare è finito.

Fare bene questa riforma significherebbe preparare l’Italia a un mondo più duro e meno prevedibile. Farla male, o non farla affatto, rischierebbe invece di lasciare il Paese più esposto e più debole proprio mentre le vecchie certezze internazionali stanno venendo meno.

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