Nuova colpo alle forniture di gas russo in Ue. Dopo lo stop in uno dei due hub
dell'Ucraina, Gazprom comunica l'interruzione dei servizi sul gasdotto Yamal-Europe, che transita dalla Polonia.
Una notizia che agita istantaneamente i mercati, visto che il prezzo ad Amsterdam schizza a 109 euro/MWh dopo aver aperto a 103.
Il motivo della chiusura del rubinetto polacco non è casuale e risponde alla controffensiva di Mosca alle sanzioni imposte alla Russia.
Coinvolte 30 aziende di gas europeo, tra cui la Europol Gaz, che controlla il tratto del gasdotto Yamal che transita in Polonia. Ecco parte del comunicato di Gazprom:
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Da oggi è in vigore un divieto di transazioni e pagamenti a entità soggette a sanzioni. Ciò include il divieto di utilizzare un gasdotto di proprietà di EuRoPol GAZ per trasportare il gas russo attraverso la Polonia".
⚡️ Gazprom è ora vietato dall'uso della sezione polacca del gasdotto Yamal -Europe per trasportare il gas, - Europol Company pic.twitter.com/B4WcTEIEHL
— Gianluca (@Gianl1974) May 12, 2022
Prosegue lo stop alle forniture di gas via Ucraina
Lo stop di Gazprom alle forniture dell'oro bianco del gasdotto Yamal-Europe potrebbe tuttavia essere la risposta all'azione di nazionalizzazione tedesca di Gazprom Germania, ente a cui fa riferimento La Europol GAZ. Ma per la Germania ciò non sarebbe un problema, dal momento che esiste l'alternativa, ossia il gasdotto Nord Stream del Mar Baltico. Lo stesso ministro dell'Energia Robert Habeck è il primo a prendere coscienza che
l'energia sarà d'ora in poi un'arma potente al servizio del Cremlino.
Sul fronte ucraino la situazione non segnala aggiornamenti. Il flusso mostra una riduzione pari a un terzo del volume quotidiano e il secondo punto d'ingresso è di fatto bloccato dalla presenza delle forze armate russe. Accelera di conseguenza a Bruxelles l'iter del piano RepowerEu, che prevede il razionamento delle quantità nel caso di stop definitivo.
Intanto Putin prepara i ricorsi contro le sanzioni
Il leader del Cremlino Vladimir Putin è intanto al lavoro per preparare i ricorsi contro le sanzioni occidentali alla Corte dell'Unione Europea. Nove in totali, sommando anche le restrizioni estese alla Bielorussia.