Giovanni Luppino, commerciante di olive e autista improvvisato di Matteo Messina Denaro ha negato di essere stato a conoscenza dell’identità del suo passeggero. Nella sua tasca tuttavia, al momento dell'arresto, sono stati trovati oltre a due telefoni cellulari in modalità aerea, anche due pizzini.
Luppino ha dichiarato agli inquirenti di non essere mai stato al corrente della reale identità del sul cliente. Al giudice ha raccontato di aver conosciuto il boss tramite un compaesano, Andrea Bonafede. Quest’ultimo avrebbe presentato Messina come suo cognato. Da quell’incontro, non avrebbe mai più visto il latitante fino a domenica, quando questi, che lui conosceva con il nome di Francesco, gli aveva chiesto di dargli un passaggio a Palermo dove avrebbe dovuto fare la chemioterapia. Secondo gli inquirenti, tale versione sarebbe totalmente frutto della fantasia di Luppino.
L’autista ha concluso le sue dichiarazioni sostenendo di essersi reso conto della vera identità di Messina Denaro soltanto a seguito dell'intervento dei Carabinieri, quando aveva chiesto al tale Francesco se cercassero lui, ottenendo in risposta le testuali parole: "Sì, è finita si legge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip palermitano Fabio Pilato.
Al momento del suo arresto. Giovanni Luppino aveva in tasca, oltre a due telefoni cellulari in modalità aerea, anche dei "pizzini", una lunghissima serie di biglietti e fogli manoscritti con numeri di telefoni, nominativi e appunti di vario genere, dal contenuto oscuro e di estremo interesse investigativo.
Luppino è accusato di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa. Stando alle ipotesi degli inquirenti, a lui era affidato l’incarico "assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza ed affidabilità degli spostamenti" del super boss e proprio lui-sarebbe "custode di segreti e prove.