Giornata particolare per gli abitanti di Avezzano, popoloso comune in provincia dell’Aquila: le autorità hanno infatti provveduto al disinnesco di una bomba risalente alla Seconda Guerra Mondiale, i cui resti sono stati scoperti durante la ristrutturazione di un appartamento.
Il fatto risale allo scorso 11 febbraio, ma le operazioni di estrazione sono state effettuate oggi. Stando a chi c’era negli anni Quaranta, l’ordigno venne sganciato da un caccia americano e rimase dormiente per oltre ottant’anni.
Leggendo la scheda tecnica, si tratta di una Mark 65 dal peso di 450 chili. Nonostante sia addormentata da parecchio tempo, la sua potenziale devastazione ha costretto le autorità a evacuare quasi metà della popolazione di Avezzano: le operazioni sono andate a buon fine e lentamente la gente ha potuto prendere possesso delle sue abitazioni.
E’ sufficiente elencare la lista dei partecipanti per capire il carattere straordinario dell’intervento: artificieri dell’Esercito italiano del 6° reggimento Genio pionieri di Roma, 70 operatori della sicurezza, oltre 150 volontari, decine di uomini delle Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco, di Asl e 118, Enel, Rete ferroviaria italiana, Trenitalia, Snam, Italgas, e delle forze dell’Ordine. Una grossa macchina diretta dal sergente maggiore Nico Fava ha così proceduto al disinnesco della bomba sotto le fondamenta di Avezzano, in Abruzzo.
Nico Fava, intervistato sul posto, ha raccontato la sua esperienza in quasi 30 anni di carriera all’interno dell’Esercito, spiegando procedure e meccanismi dell’arruolamento. Sembra quasi impossibile credere al fatto che il 52enne abbia disinnescato oltre 6mila ordigni dal 1990 a oggi. A maggior ragione se si considera la mole di studio pregresso sulla bomba e il successivo sangue freddo per compiere la parte operativa del processo.
I numeri completi sul fenomeno degli ordigni in sonno sono stati raccontati dal colonnello Crescenzo Izzo, a sua volta presente ad Avezzano:
Non c’è un criterio preciso di ritrovamento dei marchingegni, sia mare, montagna o collina: certamente, è più facile rintracciarli in luoghi simbolo dei conflitti avvenuti nel Novecento. Secondo le sue stime, sono circa 25mila gli ordigni dormienti ancora nascosti nel sottosuolo. Lo scavo generalmente per la costruzione di opere che richiedono spazio in profondità (case, ponti, arterie stradali) è l’occasione più propizia per portare alla luce i tesori nascosti del passato.
A volte però troppa curiosità nuoce alla salute: sono diversi i cittadini italiani che maneggiano reperti bellici senza le dovute preoccupazioni, persino con conseguenze fatali.