Dopo la decisione del Consiglio di Stato sui balneari è polemica sulla mancata applicazione della proroga. Abbiamo intervistato a riguardo Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sindacato italiano balneari.
Come avete accolto la scelta del Consiglio di Stato?
Da un lato è una sentenza che non aggiunge nulla alle sentenze dell’adunanza plenaria che nessuno sottolinea essere ancora sub iudice. Quelle sentenze sono ancora oggetto di vaglio da parte dei giudici: non sono definitive perché sono state impugnate di fronte alla Corte di Cassazione per eccesso di giurisdizione, hanno invaso la competenza che era della Corte Costituzionale e del parlamento.
Tutto questo dibattito-se la Corte di cassazione dovesse annullare queste sentenze dell’adunanza plenaria-non so che utilità può avere. Non si tratta di sentenze definitive, il Consiglio di Stato ha preso quelle sentenze e le ha ricopiate, inoltre ha preannunciato la sua contrarietà in merito ad una legge non ancora applicata cioè quella riguardante l’ulteriore proroga di un anno.
Il dibattito politico che è stato scatenato è surreale a nostro avviso perché si discute con estrema superficialità di una questione complicata che sette governi non hanno affrontato perché è difficile risolvere un problema creato dallo Stato che- a quanto pare- ha rilasciato degli atti illegittimi ed ha garantito agli operatori di continuare a lavorare quando non poteva farlo.
E’ una materia delicata e complicata e non va affrontata in maniera strumentale prendendosela contro il governo del momento.
In questi governi degli ultimi dodici anni ci sono stati tutti quelli che hanno criticato la proroga, non dovrebbero parlare in merito ad un problema serio che rischia di danneggiare gravemente il Paese. Se noi continuiamo a mettere in difficoltà un settore di eccellenza ed unico al mondo la conseguenza sarà la distruzione di questo settore! Invece dovremmo difendere il nostro campione nazionale e le aziende che funzionano invece di distruggerli per un dibattito strumentale.
Cosa chiederete quindi?
Chiediamo che il governo ed il parlamento emanino quella legge strutturale preannunciata anche dal presidente del consiglio Giorgia meloni e dal presidente della repubblica Mattarella che risolva definitivamente la questione: bisogna fare un atto di ricognizione previsto dalla legge Draghi che prevede prima della messa a gara la possibilità di una ricognizione degli spazi ancora liberi, prevedere un giusto equilibrio tra spiagge libere e spiagge attrezzate, di verificare la possibilità del rilascio di altre concessioni per aumentare le aziende attualmente operanti. Questa legge va applicata e poi vanno emanati i decreti attuativi nei quali si riconosce il valore aziendale, inoltre tale legge riconosce a coloro che dovessero perdere l’azienda l’indennizzo pari al valore commerciale dell’azienda persa perché nessuno può impossessarsi del sudore e dei sacrifici altrui, sarebbe un indebito arricchimento moralmente ingiusto.
Basta con la propaganda, nessun partito può dire di non aver giocato una parte: Stato, Regioni e comuni affrontino la questione in maniera seria e non in maniera strumentale e demagogica.
Quali danni ci saranno all’imprenditoria turistica?
Già ora c’è un clima di paralisi degli investimenti perché in assenza di prospettive non c’è un investimento da parte degli attuali operatori e manca anche la possibilità di lavorare serenamente. Lavoriamo grazie al sorriso perché chi entra nelle nostre aziende cerca serenità. Creare situazioni di angoscia e di terrore criminalizzando un’intera categoria è sbagliato, questa problematica inoltre non riguarda solo gli stabilimenti balneari ma anche ristoranti, bar, alberghi e campeggi che operano sul demanio marittimo.
Gli stabilimenti balneari costituiscono il 10% di tutti gli operatori che operano sul demanio marittimo. La politica dovrebbe prendere, pertanto, con maggiore serietà questa questione evitando ulteriori danni a un settore di successo che rappresenta un elemento di competitività del nostro paese nel mercato internazionale delle vacanze che è messo a rischio da beghe politiche e propagandistiche.