Il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Oristano, durante una maxi operazione, ha trovato un nome quantitativo di fatture false per un valore di oltre 200 milioni di euro. L'attività commerciale in questione non avrebbe inoltre pagato l'iva di 37 milioni di euro. Tra i 19 denunciati (tutti soggetti di etnia cinese) ci sarebbe anche un consulente fiscale italiano. Ora gli indagati dovranno rispondere di diversi reati.
Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire flussi finanziari relativi alle operazioni intercorse tra l’impresa oristanese sotto indagine ed una serie di fornitori individuati in diverse città della penisola (Prato, Pistoia, Firenze, Roma e Venezia), anch’essi di etnia cinese.
Molti dei soggetti economici finiti sotto i riflettori sono risultati essere cartiere, di fatto inesistenti, create al solo scopo di emettere fatture elettroniche ed accentrare su di esse il debito IVA derivante dalle operazioni documentate, omettendone la dichiarazione e il conseguente pagamento.
Il sistema utilizzato dalle cartiere era quello dell’apri e chiudi. In sostanza, spiega la Guardia di Finanza, nell’arco temporale di due anni dall’apertura della partita iva intestata a prestanome di origine cinese, le società fatturavano vendite per decine di milioni di euro a favore di soggetti economici gestiti da soggetti di medesima etnia sparsi sul territorio nazionale, incassando i proventi delle fatture emesse e trasferendo sistematicamente il denaro verso l’oriente nell’intento di farne perdere le tracce.
Terminato il ciclo vitale, in tempo utile da riuscire a sottrarsi agli ordinari controlli di natura fiscale che avrebbero fatto emergere le incongruenze tra le fatture emesse e l’assenza delle dichiarazioni fiscali e dei versamenti I.V.A., i titolari fittizi si rendevano irreperibili.
Da qui la denuncia per di emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, dichiarazione infedele ed autoriciclaggio.