Il governo Meloni vuole accelerare sulle riforme. Questo il senso degli incontri che la Presidente del Consiglio sta tenendo, anche con le opposizioni, in queste ore. Tra le riforme sul tavolo del lavoro c’è quella del cosiddetto Premierato e non - come si era detto in periodo di campagna elettorale - del semipresidenzialismo alla francese. Per addentrarci nei tecnicismi di queste definizioni abbiamo parlato con il costituzionalista, docente di diritto costituzionale comparato a La Sapienza, Stefano Ceccanti.
Stefano Ceccanti prima di passare alla definizione di premierato, ha specificato una premessa fondamentale e cioè che: Nelle altre democrazie europee c’è tradizionalmente un sistema dei partiti strutturato che permette di prevedere le conseguenze del proprio voto per il Parlamento anche per il Governo. Si formeranno esecutivi di coalizione guidati dal leader per indicato dal partito più votato. Il Governo nasce quindi formalmente in Parlamento, ma sostanzialmente dal voto degli elettori. Esso poi tende a durare una legislatura in modo relativamente coeso grazie ad una sequenza di poteri e di procedure non presenti da noi, che si possono ad esempio vedere nella sequenza di articoli che reggono la Legge Fondamentale tedesca: fiducia da parte di un’unica Camera al solo Presidente del Consiglio art. 63), potere di proporre non solo la nomina ma anche la revoca (64), sfiducia costruttiva (art. 67), potere di chiedere al capo dello Stato e a certe condizioni di ottenere lo scioglimento se entro pochi giorni la Camera non elegge un sostituto (art. 68).
Detto questo, quando si parla di Premierato, si intendono due cose: Aggiungere un vincolo di indicazione dei candidati Premier con un sistema che premi la coalizione più votata per disciplinare meglio i partiti e rendere i cittadini arbitri del Governo al momento del voto secondo la lezione di Ruffilli e aggiungerci quei poteri costituzionali per stabilizzare i Governi dopo il voto. Il terzo polo vorrebbe anche andare oltre, verso il recepimento integrale del modello sindaci, con un’elezione formalmente diretta e un’insostituibilità del Premier senza andare a nuove elezioni, ma a me sembra una variante un po' troppo rigida e trovo in sé adeguata l’altra soluzione.
Le coalizioni, quando ci sono, appaiono fluide. Pensiamo a quanto sta accadendo nel Terzo Polo e quanto già accaduto tra PD ed M5S. Per cui chiedo: dare la possibilità agli elettori di scegliere il Premier può risolvere il problema di una scarsa strutturazione del sistema dei partiti in Italia? Oppure può aggiungere nuovi elementi di complessità?
"Le coalizioni italiane se non sono incentivate con premi e collegate ad alcuni vincoli, come insegnava Ruffilli, tendono a non durare una legislatura e a non rispettare un rapporto stringente tra consenso, potere e responsabilità. Per questo, per avere effetti europei, occorre qualche vincolo in più nella fase elettorale e immediatamente post-elettorale, oltre alle norme costituzionali delle altre forme parlamentari".
Che differenza c’è tra premierato e la riforma in senso semipresidenziale tout court di cui si parlava in campagna elettorale?
"Che questa salvaguarda il ruolo tradizionale del Presidente della Repubblica non facendone il leader della maggioranza, che deve invece essere il primo Ministro".
Come giudica l’inizio di Segreteria Schlein?
"È presto per dare giudizi. Mi attendo sul terreno istituzionale una sostanziale e doverosa continuità con il modello di Premierato non elettivo che ha espresso il centrosinistra sin dall’Ulivo del 1996".