L’Italia è stata una partitocrazia almeno fino agli anni 80’. Erano i partiti, infatti, a svolgere le principali funzioni del sistema e a muovere la macchina dello stato e delle sue articolazioni. Una forza motoria alimentata dal carburante, democratico e plurale, degli elettori e delle elettrici. Il rapporto cittadino partito, infatti, era molto diverso da quello a cui siamo abituati oggi con partecipazioni leggere e volatili. Le fluttuazioni di voto tra una elezione e l’altra erano davvero minimali rispetto ad oggi dove, nell’arco di pochi anni, vediamo salire in testa ai report delle agenzie di rilevazione prima questo e poi quel partito. Il motivo sta, tra gli altri, proprio nella perdita del potere d’ancoraggio del partito. Non più casa dove riconoscersi in una visione del mondo, contrassegno per identificarsi in una frattura sociale, ma semplice preferenza momentanea spesso data non ad un’idea ma ad una persona. Sono i leader ad innescare qualcosa nell’elettore, oggigiorno, non i partiti. E le motivazioni non sono quasi mai ideologiche ma soprattutto, anche grazie al cambiamento del sistema mediatico che si è arricchito di medium e strumenti, emotive. O al massimo, di opportunità.
C’è un momento in cui questo passaggio dal partito al leader diventa tangibile ed è proprio Silvio Berlusconi a metterlo in scena scendendo in campo con Forza Italia: il primo partito deideologizzato e catch-all (pigliatutti) quindi, a differenza del partito di massa, capace di parlare ad un elettorato trasversale ed eterogeneo. Un partito prodotto appositamente costruito per piacere a tutti. Con Forza Italia non c’è un’ideologia politica da sposare ma un modo nuovo di intendere la politica e, forse, la vita. Perché Silvio Berlusconi, in effetti, fu in grado di interpretare il mood di un’Italia che cambiava e di una sfiducia verso la politica e le istituzioni in crescendo anche, e soprattutto, grazie al ruolo giocato da quello che Luigi Di Gregorio chiama il fattore M: l’intersezione tra Media a Magistratura. In quel momento, nei primi anni 90, il fattore M era il processo Tangentopoli che ha letteralmente raso al suolo quella partitocrazia a cui si faceva riferimento all’inizio. Gli italiani e le italiane guardavano quello smantellamento e lo incitavano: il sistema delle tangenti ha portato alla sfiducia verso i partiti. L'investimento emotivo fatto negli anni, arricchito da tessere di partito e partecipazione attiva nella vita di partito, è stato assai deluso al cospetto dello scoperchiamento di quel vaso di Pandora fatto di corruzione e mazzette.
Berlusconi seppe intercettare tutto questo e presentare qualcosa di diverso rispetto alla politica partitica tout court. Sta tutto in quel video di 9 minuti – innovativo anche la scelta, per lui facile ed ovvia – diffuso in televisione. Quel L’Italia è il paese che amo raccontava la storia non di un politico ma di un imprenditore, un self-made-man, che si metteva in gioco per la cosa pubblica. Un personaggio non politico che fa politica disprezzando i politici. È l’antipolitica messa in scena. Una fictio poi riproposta anche in quel celebre dibattito con Achille Occhetto dove l’Italia ebbe modo di vedere con i suoi occhi il trapasso dal vecchio al nuovo: un burocrate di partito contro un imprenditore che sognava di cambiare il Paese.
Ecco perché Forza Italia è, secondo l’espressione di Mauro Calise, un partito personale. L’artigiano che plasma questo partito lo fa non sulla scorta di un’ideologia ma accostando un simbolo al volto di una persona carismaticamente capace di intepretare un bisogno diffuso. E per Forza Italia, quella persona, era Silvio Berlusconi. Che ne sarà, quindi, del partito, alla luce della sua scomparsa? La direzione si è riunita per organizzare una transizione che sarà complicata perché un partito personale, in quanto tale, cessa di esistere con la scomparsa del suo leader. Il fatto che Berlusconi abbia un credito di 90 milioni nei confronti del partito – che a questo punto succede sui suoi figli – è emblematico di come Forza Italia appartenga e rimanga a lui. Insomma, è evidente che Forza Italia senza B sia difficile da immaginare. E forse, addirittura, si ritrova svuotata di senso. Ma la legge della fisica Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma vale sempre. Anche in politica. Quindi, vedremo.