Per l'omicidio di Danilo Lucente Pipitone, il caporalmaggiore dell'esercito ucciso nel quartiere Centocelle di Roma nella notte tra il 10 e l'11 febbraio scorso, il gip ha condannato a 8 anni di reclusione Mohamed Abidi. Il 33enne, di origini tunisine, era stato arrestato in Francia ed estradato in Italia qualche giorno dopo i fatti: ha alle spalle diversi precedenti per violenza e, già in passato, era finito in carcere. Davanti agli inquirenti ha sempre sostenuto di non voler uccidere la vittima. L'aveva colpita, in pieno volto, al culmine di una lite scoppiata in strada.
Mohamed Abidi è stato condannato a 8 anni di reclusione al termine del processo con rito abbreviato svoltosi a Roma dopo la sua estradizione. Lo scorso febbraio, qualche giorno dopo i fatti, era stato rintracciato e arrestato in Francia, grazie a un mandato di cattura internazionale, per l'omicidio di Danilo Salvatore Lucente Pipitone, il caporalmaggiore dell'esercito in servizio come infermiere presso l'ospedale militare del Celio pestato a morte nel quartiere Centocelle di Roma nella notte tra il 10 e l'11 febbraio.
Il gup che ha emesso la sentenza, Monica Ciancio, ha accolto la richiesta avanzata dal pm, Gennaro Varone, nei confronti dell'uomo, accusato di omicidio preterintenzionale. Stando a quanto emerso dalle indagini, Abidi avrebbe colpito il militare con un pugno in pieno volto, provocandogli "un grosso taglio sul sopracciglio e i segni di un forte colpo alla nuca" (probabilmente provocato dalla caduta seguita al pestaggio), lasciandolo a terra, inerme, nella notte, perché aveva fatto una manovra brusca con l'auto, obbligandolo a frenare all'ultimo minuto. Trovato privo di sensi da alcuni passanti, che avevano allertato i soccorsi, Pipitone era stato trasferito in ospedale, dove, qualche ora dopo, era morto, nonostante il tentativo dei medici di salvarlo.
Originario di Erice, in provincia di Trapani, Pipitone era entrato a far parte dell'esercito nel 2002, quando si era arruolato come volontario per un anno. Poi, dopo essersi specializzato come operatore sanitario, aveva iniziato a lavorare in ambito medico, anche all'estero. Dal 2020, con l'inizio della pandemia da Covid, era stato trasferito a Roma. Abidi, invece, era arrivato in Italia sognando di diventare un famoso calciatore. Ben presto, però, si era dato alla violenza, anche per via dei suoi documenti non regolari: nel 2015 era stato denunciato per abusi sessuali e rapina da alcune prostitute attive nel quartiere San Giovanni di Roma (fu poi assolto); poco dopo era finito in carcere per reati di droga e ricettazione. Era uscito nel 2018. Ora la nuova condanna.
ha dichiarato, dopo aver appreso la notizia della sentenza, il vice capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi. E ha proseguito:
Dal canto suo, l'imputato ha sempre sostenuto di essere stato colto da un raptus e di non aver mai avuto l'intenzione di ucciderlo.
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