Prima il trasferimento, poi il licenziamento dalla sua azienda di Torino, soltanto per aver riferito ai datori di lavoro di volersi sottoporre alla fecondazione assistita. Questo il drammatico episodio che ha per protagonista Samantha, una trentenne di Chivasso, comune nel Torinese.
A raccontare la triste storia è il quotidiano La Stampa. La vittima di quelle che si sono rivelate delle vere e proprie molestie sul posto di lavoro era impiegata in un'azienda di idrotermosanitari. Il suo calvario è iniziato dopo aver rivelato di voler diventare mamma, e di essere disposta a tutto.
L'epilogo è dei peggiori: per lo stress avrebbe perso il bambino, tanto da essersi decisa a muovere causa contro l'azienda.
Prima della vicenda, secondo la sua testimonianza, la donna era considerata una lavoratrice modello. Quando si è sottoposta alla fecondazione in vitro, Samantha avrebbe deciso di prendere un periodo di aspettativa e di sfruttare le ferie arretrate.
Una decisione maturata per non gravare sulle casse dell'azienda. Poi, però, al rientro è iniziato l'inferno: prima le è stato comunicato il trasferimento nella sede di Torino, che dista 25 chilometri da casa sua. Poi il licenziamento, a detta dell'azienda per il superamento del totale di assenze consentito.
Ma, secondo il suo legale, la ditta avrebbe "sbagliato i calcoli". Nel computo delle assenze sarebbero finiti anche i giorni di ricovero per la fecondazione assistita e per l'aborto: una procedura contro la legge.
Dopo aver comunicato il suo desiderio di diventare mamma, Samantha era stata anche bersaglio di sguaiate battute a sfondo sessuale.
La ragazza ha raccontato che il suo capo filiale, in uno dei suoi rozzi momenti di scherno, le avrebbe anche detto:
A causa dello stress, come accennato, la donna ha perso il bambino. Ora è seguita da uno psicologo. Sull'accaduto indaga la sezione lavoro del tribunale di Ivrea.
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