Nella vicenda dello stupro di gruppo avvenuto lo scorso luglio a Palermo, un nuovo sviluppo ha messo in moto il sistema giudiziario: un minorenne, l'unico tra i sei giovani accusati, era stato rilasciato per "resipiscenza", ossia "consapevolezza del proprio errore", ed era stato inviato in comunità, evitando così la sbarra del carcere. Tuttavia, lo scandalo pubblico seguito ai fatti di Palermo e le richieste di giustizia hanno infine cagionato un aggravio della pena inflitta al giovane.
Il minorenne, inizialmente rilasciato con la misura cautelare della comunità, è stato recentemente riportato in carcere in seguito a un'azione della Procura per i minorenni. Il Gip aveva originariamente revocato la misura cautelare e affidato il giovane a una comunità dopo che aveva confessato il suo coinvolgimento nella violenza. Il Gip aveva sostenuto che il minorenne aveva eseguito una "rivisitazione critica" del suo comportamento, secondo la fattispecie nota come resipiscenza.
Tuttavia, la Procura dei Minorenni non era d'accordo con questa decisione e aveva presentato un ricorso per l'aggravamento della misura cautelare. Questa richiesta è stata accolta, portando così al ritorno del minorenne in carcere insieme agli altri sei coinvolti nell'aggressione.
Secondo quanto riportato dalle fonti, durante le indagini sono emersi elementi che avrebbero suggerito una maggiore gravità dell'azione commessa dal minorenne e dagli altri giovani. Questo ha spinto la Procura a cercare un'ulteriore valutazione da parte di un diverso Gip, che ha determinato il ritorno in carcere del minorenne.
La vicenda ha suscitato anche l'attenzione all'interno del sistema carcerario. Gli altri sei giovani già detenuti hanno richiesto il trasferimento dal carcere di Pagliarelli, citando minacce ricevute da altri detenuti. La direzione del carcere ha ufficialmente chiesto il trasferimento degli indagati, affermando che la loro presenza avrebbe potuto destabilizzare l'ordine e la sicurezza all'interno dell'istituto.