Saqib Ayub, il fidanzato di Saman Abbas, ha testimoniato oggi 29 settembre in aula nel processo per l'omicidio della ragazza, uccisa il 30 aprile del 2021. Il 23enne ha parlato, presso la corte d'Assise il Reggio Emilia, di quei "9 giorni trascorsi insieme a Roma", dove i due ragazzi avevano deciso di sposarsi.
Ha anche riferito di quando la 18enne di Novellara (Reggio Emilia) gli ha diceva che per i suoi familiari uccidere "non era nulla".
Affiancato dall’interprete, il 23enne pakistano- connazionale di Saman- ha ripercorso la sua relazione con la ragazza, raccontando di averla conosciuta su TikTok a gennaio del 2021.
I due si sono poi incontrati quattro volte tra Bologna- dove lei viveva in una comunità protetta- e Roma:
ha dichiarato il ragazzo.
Ad aprile del 2021, ha rivelato poi Ayub, lui e Saman avevano trascorso alcuni giorni insieme nella Capitale.
Rispondendo alle domande dell’avvocato Mariagrazia Petrelli- difensore di uno dei cugini accusati del terribile omicidio- Ayub ha affermato di avere mandato dei messaggi al telefono di Saman, nel periodo trascorso a Roma, con l'obiettivo di mostrare alla comunità che la 18enne non era con lui.
La loro intenzione era quella di sposarsi in fretta, perché se fosse tornata in comunità sarebbe stato difficile farlo. Lei però doveva recuperare il passaporto, un documento indispensabile per le nozze:
Saman gli avrebbe inoltre confidato
Nel corso della sua deposizione, il 23enne ha più volte ripetuto che la ragazza "era triste e aveva paura", anche nei giorni insieme in cui eravamo stati bene.
Era talmente angosciata che a un certo punto le aveva dato dei numeri di telefono da chiamare nel caso le fosse successo qualcosa. Aveva terrore non solo del padre, ma era preoccupata anche per le minacce ricevute da lui e dai suoi genitori in Pakistan.
ha sottolineato, una circostanza già emersa in precedenza ma su cui non erano stati trovati riscontri.
Anche dopo il ritorno da Roma, ha proseguito Ayub,
Anche il Shabbar Abbas, il padre di Saman, avrebbe dovuto testimoniare oggi. L'uomo, estradato dal Pakistan dove era fuggito dopo il delitto, si è però rifiutato.
Secondo quanto riferito da uno dei suoi legali, Enrico Della Capanna, vuole sentire cosa dirà il figlio minore-nel frattempo è diventato maggiorenne- che è anche il principale teste dell'accusa. Rilascerà quindi dichiarazioni spontanee.