Sei anni, cinque mesi e 15 giorni di carcere: questa la condanna della Cassazione all'insegnante di ripetizioni responsabile di abusi su un suo allievo 13enne a Prato. La donna, oggi 34enne, ha anche avuto un figlio dal ragazzino nel 2018.
Respinto dunque il ricorso dell'avvocato della donna, Mattia Alfano, e confermata la condanna d'appello.
Si chiude così una vicenda cominciata nel 2017 e protrattasi fino ad inizio 2019. Una relazione sessuale durata un'anno e mezzo, quella tra la oss pratese e l'adolescente. Quest'ultimo l'aveva conosciuta quando, per prepararsi all'esame di terza media, l'aveva fatta ingaggiare dalla sua famiglia come professoressa di ripetizioni private.
Una storia culminata con le minacce: se il ragazzino non avesse tenuto il segreto, lei avrebbe rivelato a tutti la paternità del bimbo, nato nell'agosto 2018.
In carcere dalla ieri, martedì 24 ottobre, la prof è detenuta nel carcere di Sollicciano, a Firenze. Si tratta del penitenziario femminile più vicino a casa sua, a Prato. La giustizia ha dunque tenuto conto della sua necessità di stare vicina ai propri bambini.
Durante la prima fase dell'inchiesta, la 34enne ha già scontato un anno ai domiciliari. Ora, però, deve andare in prigione: il reato ostativo non consente di scontare la pena con forme di detenzione alternative.
A pesare nella decisione dei giudici il fatto che la donna avrebbe fatto di tutto per mandare avanti la relazione con il minore. Fino a minacciarlo qualora avesse rivelato la verità.
La relazione clandestina andò avanti finché la mamma del minore si accorse che qualcosa non andava. E così lo costrinse a rivelare quel drammatico segreto: non solo la tresca, ma anche l'esistenza del bambino.
Decisivo per confermare la paternità fu l'esame del Dna. Subito dopo la famiglia che si presentò in questura per sporgere denuncia.
La donna ha un altro figlio avuto dal marito, anch'egli indagato in passato per alterazione di stato civile. Era sospettato di aver riconosciuto il bambino nato dalla relazione clandestina pur sapendo che non era suo. L'uomo è stato però assolto dalla Corte di Appello un anno e mezzo fa.