L'ordinanza antimovida approvata dal Comune di Milano ed entrata in vigore nella notte tra venerdì 20 e sabato 21 ottobre continua a far discutere.
La decisione dell'amministrazione comunale di vietare la vendita e la somministrazione di bevande e alimenti dalle ore 01.30 alle ore 06.00 il venerdì e il sabato nelle aree Melzo, Lazzeretto e Porta Venezia/Oberdan non solo scontenta i commercianti ma neanche risolve quel problema di mala movida che da anni ha reso impossibile la vita dei residenti.
L'ordinanza, in ogni caso, rimarrà in vigore solo un mese. Come spiegato dall'assessore alla Sicurezza Granelli e dall'assessora Cappello, infatti, è in corso un tentativo di sperimentazione teso a individuare delle regole per la movida che contemplino la richiesta di tranquillità dei residenti, quella di divertimento degli avventori e quella di iniziativa economica dei proprietari e dei gestori dei locali.
L'ordinanza anti movida emanata dal comune di Milano per le zone di Porta Venezia, Lazzaretto e Melzo è stata sconfessata una settimana già dopo l'entrata in vigore.
Nella notte tra venerdì 27 e sabato 28 ottobre, infatti, alla chiusura dei locali alle ore 01.30 è subentrata una manifestazione musicale promossa dal "Movimento arti libere". Il collettivo bolognese - la cui mission è proprio la promozione dell'arte di strada - ignaro o incurante dell'ordinanza ha suonato fino a tarda notte vanificando gli effetti dell'ordinanza imposta solo una settimana prima.
I video, diffusi sulla pagina social milanobelladadio hanno così scatenato un dibattito tra i gestori dei locali, i quali denunciano come le loro attività siano state penalizzate da questa ordinanza, e i gruppi dei residenti che chiedono sia rispettato il loro diritto al riposo e alla quiete.
La redazione di TAG24 ha discusso di questa ordinanza con Elena Montafia, che già ai nostri microfoni aveva già denunciato il problema della movida selvaggia a Milano raccontando della battaglia civile portata avanti dal Comitato Lazzaretto.
Montafia, cosa pensa dell'ordinanza decisa dal comune di Milano per contrastare la mala movida?
«L'ordinanza è entrata in vigore già ammorbidita rispetto alle intenzioni iniziali. I gestori dei locali hanno infatti chiesto non si chiudesse già a mezzanotte.
Una volta entrato in vigore il provvedimento, il primo weekend i gestori hanno effettivamente chiuso all'una e mezza i dehor. Sottolineo, i dehor: l'obbligo non impone infatti di chiudere i locali ma gli spazi all'aperto. Ovviamente in sé la chiusura non basta: se una persona non ha voglia di tornare a casa rimane comunque a ingombrare la strada.
Il secondo weekend, tuttavia, è stato montato un deejay set in mezzo alla strada. L'impressione è stata un po' di una ritorsione nei nostri confronti.
In ogni caso sono arrivati vigili e poliziotti che hanno messo in piedi un'operazione di controllo per rimandare le persone a casa. Da lì si è scatenato l'inferno, con la pubblicazione dei video sulla pagina milanobelladadio e la risposta del rappresentante dei gestori della zona.
Al di là delle polemiche, quello che voglio far notare è come si sia messa in piedi un'ordinanza proprio nei momento in cui sta per iniziare la causa che noi cittadini abbiamo intentato contro il Comune. Prendo atto dunque che si stiano occupando del problema, ma le modalità sono comunque sbagliate».
Perché?
«Perché alla chiusura dei dehor il problema della gente in strada rimane. Io ho diversi filmati che dimostrano come in questi due weekend non sia cambiato assolutamente nulla: urla oltre ogni soglia della tollerabilità, sporcizia, delinquenza, blocchi alla mobilità.
Per quanto mi riguarda i locali possono stare aperti anche fino alle sette del mattino, purché abbiano le porte chiuse e lo spazio sia coibentato. Il nostro problema non solo i bar, ma le persone per la strada.
Sicuramente c'è anche un tema di programmazione della città: nella mia via, abbastanza piccola, ci sono 15 locali a cui hanno concesso i dehor. Questo significa che i parcheggi sono spariti - in una zona peraltro già carente - e che la mobilità tanto sui marciapiedi quanto sulle strade, dove tutti si mettono in doppia fila, è fortemente compromessa.
Se è questa la visione di vivibilità che abbiamo, che dire, alzo le mani».
L'ordinanza contro la mala movida ha comunque la durata di un mese, giusto?
«Sì. Nel mese di giugno il Comune ha messo in piedi un'iniziativa che dovrebbe portare entro l'estate del 2024 all'approvazione di tutta una serie di misure volte a contenere il fenomeno della mala movida.
Tra le proposte c'è un'idea a mio avviso già fallimentare in partenza. Si ipotizza di contingentare il numero delle nuove licenze fino alla fine del 2024. Peccato che per chi vuole aprire un locale basta affrettarsi e muoversi prima del termine stabilito. Anziché scoraggiare, questa misura ottiene l'effetto esattamente opposto.
In totale, si dovrebbe arrivare a un pacchetto di 14 misure, di cui si ridiscuterà in ulteriori tavoli, dove si continua a parlare senza agire concretamente. Tra l'altro ci sono quattro senatori di Fratelli d'Italia che stanno portando avanti un'emendamento per prorogare la concessione gratuita di dehor fino al 2024. Che dire.
Noi abbiamo già scritto a tutti i vertici istituzionali coordinandoci con il comitato nazionale No Degrado e Mala Movida al quale aderiamo. Credo siamo vicini a un punto di svolta: sempre più persone si stanno rendendo conto di come questo modello di città non possa davvero più funzionare».
L'arrivo dell'inverno è un sollievo per i residenti della zona di Porta Venezia?
«Sicuramente in parte sì, essendo l'estate il culmine non solo dei disagi ma anche della frustrazione e della rabbia. La notte non si dorme per i rumori equivalenti a quelli di una fabbrica a pieno regime (dato certificato in decibel, non è uno scherzo). La mattina si scende di casa e si trova lo schifo. Le macchine vengono imbrattate o diventano cassonetti dove poggiare bicchieri, cannucce e sigarette.
I miei figli hanno paura a uscire perché non sanno chi possono incontrare. Anche perché l'aumento della criminalità a Milano è un fatto indiscutibile.
Quando sarà l'udienza nella causa contro il comune di Milano intentata dal comitato Lazzaretto?
«Il primo step si è compiuto a luglio. Si tratta della fase in cui si valutano i presupposti di legittimità della causa e vengono presentate le memorie. La prima vera udienza sarà però a febbraio.
Nel frattempo altri comitati stanno valutando seriamente di costituirsi contro il Comune per i nostri stessi motivi. Questo fatto testimonia come il nostro lavoro abbia aperto una breccia rispetto a un problema che veniva completamente ignorato. La stessa lettura vale per l'ordinanza di porta Venezia: tutta la città soffre del problema della mala movida, ma guarda caso il primo tentativo sperimentale è stato fatto qui.
Voglio ribadire tuttavia che ritengo questa causa contro il Comune come una grande sconfitta. Un cittadino non dovrebbe andare in tribunale contro i suoi rappresentanti democraticamente eletti.
Eppure la nostra storia evidenzia come, tra i vari diritti - quello al divertimento, quello di impresa - quelli dei cittadini siano totalmente dimenticati.
Ciò che non si comprende è che abitare in una zona esposta tutte le notti a urla e rumori fortissimi lede il diritto alla salute, garantito dall'articolo 32 della Costituzione.
Ecco dove è il corto circuito istituzionale. La gente ci dice di andarcene se non vogliamo il rumore, ma si tratta di un principio sbagliato - posto che la casa che ho comprato non è rivendibile dati i disagi della zona, altro che valore immobiliare aumentato.
Capisco il valore delle attività economiche e il fatto che Milano ha voluto caratterizzarsi per questo modello e ora fatica a tornare indietro. Ma un modo deve essere trovato.
Noi non siamo contro i locali, la nostra è una battaglia di civiltà. I cittadini chiedono delle città alla misura delle esigenze di tutti. Non chiediamo coprifuoco e non chiediamo sia annullato il diritto al divertimento o il diritto alla libera impresa. Chiediamo solo delle regole che tutelino le esigenze di tutti e le rendano compatibili tra loro».