«Per Giulia non fate un minuto di silenzio, ma bruciate tutto»: da giorni le parole di Elena Cecchettin, sorella maggiore di Giulia, la 22enne di Vigenovo uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta, continuano a scuotere le coscienze e il dibattito dell'opinione pubblica italiana, costretta a fare i conti con il 105esimo femminicidio avvenuto nel Paese quest'anno.
Ed è proprio per il riconoscimento di questa lunghissima scia dell’orrore che Elena Cecchettin ha deciso di non rimanere in silenzio e di non derubricare la morte di Giulia a episodio isolato compiuto da un «mostro».
Con estrema puntualità, la sorella di questa giovane donna brutalmente strappata alla vita da «un bravo ragazzo che le faceva i biscotti» ha infatti denunciato come ogni femminicidio sia un omicidio di Stato, reso possibile da Istituzioni «che non tutelano le donne» e dal radicamento di una cultura patriarcale e maschilista che è alla base della violenza di genere.
Le parole di Elena Cecchettin hanno, come evidente, scosso profondamente il dibattito pubblico.
Se da un lato tantissime donne (e uomini) hanno ringraziato Elena per la forza mostrata e per la puntualità della sua denuncia non sono mancate ovviamente le critiche, specialmente - e guarda caso - da quella parte di popolazione che non riconosce il problema culturale che sottintende i femminicidi e interpreta questi fatti come il semplice frutto della follia del singolo.
Esemplativo, in questo senso, il post Facebook con cui il consigliere della regione Veneto Stefano Valdegamberi ha attaccato Elena accusandola di propagare un messaggio ideologico che, a suo giudizio, nulla ha a che vedere con la tragedia avvenuta.
Questo tipo di commento, in ogni caso, è solo uno dei tanti apparso sui social. In molti, infatti, si sono permessi di giudicare come Elena stia vivendo il suo lutto e come abbia scelto di lottare perché sia fatta giustizia per Giulia e per tutte le donne vittime di femminicidio e violenze.
Delle parole e della forza di Elena – oltre che delle misure che il Governo intende rafforzare per combattere la violenza di genere – la redazione di TAG24 ha parlato con la senatrice di AVS, Ilaria Cucchi.
Senatrice Cucchi, si è rivista in qualche modo nella sorella di Giulia Cecchettin, Elena, che nel dolore ha trovato la forza di inchiodare un intero sistema alle sue responsabilità?
«Elena è una donna di una forza incredibile. Ascoltarla, questi giorni, è stato straziante. Le sue parole mi hanno fatto provare tanta rabbia. Ancora oggi è una sorella a dover alzare la voce fino al punto di risultare antipatica e dover subite una marea di insulti perché sia fatta giustizia. Le ricorda qualcosa?
Le critiche che sta ricevendo Elena Cecchettin descrivono perfettamente il problema culturale che lei stessa sta denunciando. Una donna che alza la voce non può, per la società, né rivendicare né ottenere giustizia.
Anche io, ancora oggi, ricevo insulti pesantissimi. Basti pensare che, recentemente, un giudice ha stabilito che definirmi 'troia' non è un reato.
Con questo voglio dire che alcuni, soprattutto uomini, ancora oggi ritengono che di fronte a una tragedia le donne debbano limitarsi a piangere rompendo le scatole il meno possibile. Se questo non avviene, ecco che le donne diventano bersagli da attaccare.
A Elena voglio però dire di andare avanti e di non fermarsi fino a che non sarà fatta giustizia per Giulia. Come sorella che ha subito un lutto ha tutta la mia solidarietà, il mio sostegno, la mia comprensione.».
In Parlamento si lavora a un Codice rosso rafforzato contro la violenza di genere. Questo pacchetto di misure saranno sufficienti a suo giudizio?
«Certamente queste misure sono indispensabili. Tuttavia è fondamentale si punti maggiormente sulla prevenzione: le leggi da sole non bastano a far cambiare idea a una persona che arriva a commettere simili reati.
Ciò sui cui dobbiamo investire è la prevenzione, a partire dalle scuola e già dalla materna a mio parere. Solo la formazione può arrestare questa continua strage: solo ieri un'altra donna è stata uccisa portando a 106 il numero delle donne morte per femminicidio quest'anno.
Questi numeri sono spaventosi e costituiscono una percentuale altissima del totale omicidi commessi nel 2023. La nostra società ha l'obbligo di chiedersi dove sia il problema».
La nostra società è maschilista e patriarcale a suo giudizio?
«Sì. Che piaccia o meno, la nostra è una società patriarcale e maschilista in cui la donna non è permesso di essere qualcosa di più di un uomo. La storia di Giulia Cecchettin ci insegna proprio questo: per il suo ex fidanzato non era tollerabile che Giulia si laureasse prima di lui.
Da madre, ancor prima che da senatrice, tutto questo mi fa davvero paura. Per questo credo fortemente che oltre alle misure anti violenza serva un cambiamento che non vedo in questo Governo, che anzi continua a pensare di risolvere tutti i problemi della società solo ed esclusivamente con la repressione.
Mi dispiace doverlo dire, ma dai primi mesi di insediamento del governo Meloni è questo lo spettacolo a cui abbiamo assistito. Basti pensare al decreto Rave o al decreto Caivano. La prassi è affrontare qualsiasi emergenza relativa alla sicurezza nel nostro Paese con interventi punitivi immediati in cui non è mai contemplata la prevenzione».
C'è molta reticenza all'introduzione di percorsi di educazione sessuale nelle scuole. Lei cosa ne pensa?
«Alleanza Verdi Sinistra sta proponendo con forza l'introduzione di questo tipo di educazione nei percorsi scolastici. Allo stesso tempo chiediamo anche siano incrementati i finanziamenti per i centri antiviolenza che attualmente hanno risorse insufficienti.
Un aspetto cruciale è poi vigilare in quello che succede all'interno dei tribunali quando le donne trovano il coraggio di denunciare. Troppo spesso le donne non vengono credute e si trovano ad affrontare i processi come fossero colpevoli e non vittime. Anche questo mi ricorda il processo che abbiamo dovuto affrontare con la morte di mio fratello Stefano.
Molto spesso, infine, le pene sono del tutto inadeguate. Credo questo sia un tema rispetto a cui non si può restare indifferenti, soprattutto se si pensa al coraggio che deve avere una donna per arrivare a denunciare il suo aguzzino».