Come sta Alberto Scagni dopo il pestaggio in carcere? I medici dell'ospedale Borea di Sanremo avevano programmato di svegliarlo dal coma farmacologico questa mattina, ma le sue condizioni sarebbero ancora troppo gravi. Il 42enne, finito in carcere per l'omicidio della sorella Alice, resterà quindi sedato. Ad ottobre era già stato aggredito una prima volta.
hanno fatto sapere con una nota dall'Asl 1 dell'ospedale in cui Alberto Scagni è stato ricoverato dopo essere stato massacrato di botte nel carcere di Sanremo, dove era stato trasferito in seguito a una precedente aggressione, avvenuta nel penitenziario di Marassi.
A prendersela con lui questa volta sarebbero stati i suoi compagni di cella di origine maghrebina. I due, in carcere per violenza sessuale aggravata, avrebbero sequestrato Scagni all'interno della cella per ore e, da ubriachi (dopo aver ricavato l'alcol dalla frutta), lo avrebbero picchiato con violenza, provocandogli lesioni multiple al collo e al viso.
Un fatto gravissimo, per cui i suoi legali, gli avvocati Mirko Bettoli e Alberto Caselli Lapeschi, hanno già presentato un esposto alla Procura di Imperia. Il loro obiettivo è capire come si sia consumata l'aggressione ai danni del loro assistito. Soprattutto se si considera che, essendo stato dichiarato seminfermo di mente, Scagni "non avrebbe dovuto stare in una cella con altre due persone". Se fosse stato isolato ciò non sarebbe accaduto.
A fine settembre Alberto Scagni ha ricevuto una condanna a 24 anni e 6 mesi di carcere per aver ucciso la sorella Alice, di 34 anni, a Quinto, in provincia di Genova. Era il primo maggio del 2022. La giovane mamma era uscita di casa per portare fuori il cane quando, all'improvviso, si era imbattuta nel fratello, che le aveva teso un agguato, colpendola con un coltello fino a lasciarla a terra inerme.
Il marito si era reso conto dell'accaduto quando era ormai troppo tardi. Che Alberto fosse un tipo pericoloso, invece, lo sapevano tutti, soprattutto i genitori, che più volte avevano provato a mettersi in contatto con i carabinieri e con la Asl locale per fermarlo e per farlo ricoverare. Appelli rimasti inascoltati, come quello che avrebbe potuto salvare Alice: il giorno dell'omicidio avevano chiesto a una pattuglia di sorvegliare la sua casa.
Temevano che il figlio potesse riversare la sua ira contro di lei. Nei giorni precedenti aveva minacciato di farlo, perché i familiari, ormai allo stremo, si rifiutavano di concedergli i soldi che lui, continuamente, chiedeva loro.
La Procura lo aveva definito "totalmente capace di intendere e di volere", contestandogli tre aggravanti: quella del mezzo insidioso (per aver nascosto l'arma del delitto in un sacchetto di plastica); quella della crudeltà (per il numero di coltellate inflitte alla vittima, oltre 20) e quella della premeditazione. Le prime due, alla fine, sono cadute. E i giudici, definendolo seminfermo di mente, gli hanno evitato l'ergastolo.
"È stato un successo, assolutamente. L’impianto difensivo nel suo complesso è risultato confermato: è risultata confermata la patologia psichiatrica, il vizio parziale di mente, è caduta l’aggravante del mezzo insidioso, è caduta l’aggravante della crudeltà. Rimane quella della premeditazione (contestata dalla difesa), vedremo come i giudici motiveranno sul punto", aveva commentato a Tag24 uno dei legali che lo assiste, facendo sapere che, con tutta probabilità, la sentenza sarà impugnata in Appello.
Qui il link all'intervista completa: Alice Scagni uccisa dal fratello Alberto, la reazione dell’avv. Caselli Lapeschi (difesa) alla sentenza di condanna: Più che soddisfatti, ora attendiamo le motivazioni