Sequestrato, percosso fino alla morte, poi trasportato sui binari della ferrovia e fatto saltare in aria con una carica di esplosivo. Così è stato ucciso il 5 gennaio 1948 a Cinisi, il giornalista Giuseppe "Peppino" Impastato.
Peppino Impastato morì la notte del 9 maggio 1978, quando la mafia lo uccise pestandolo, posizionando poi il suo corpo sui binari ferroviari con l'intenzione di far sembrare che fosse morto mentre preparava un attentato. Inizialmente, sia le autorità sia i media supportarono questa ipotesi, successivamente virando verso la tesi del suicidio. La morte di Peppino passò inosservata inizialmente, poiché lo stesso giorno venne trovato il cadavere di Aldo Moro.
Dopo aver interrotto ogni legame con la mafia, sua sorella Felicia Impastato intraprese una battaglia instancabile per portare alla luce la verità dietro la morte di Peppino. Nel 2002, Gaetano Badalamenti fu riconosciuto colpevole dell'omicidio e condannato all'ergastolo.
Nato nel 1948 in una famiglia legata a Cosa Nostra, soprattutto dal lato paterno, Peppino Impastato si distanziò dai suoi parenti dopo la morte dello zio Cesare Manzella, ex capo mafioso di Cinisi. Iniziò così il suo impegno nel mettere in luce le attività illecite della mafia.
Nel 1977, fondò Radio Aut, attraverso la quale denunciò le attività criminali e gli intrighi dei mafiosi locali di Cinisi, focalizzandosi principalmente su Gaetano Badalamenti, successore dello zio Cesare come capo locale. Tra le sue parole più famose: "La mafia è una fetida montagna! Dobbiamo ribellarci, prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro presenze! Prima di diventare insensibili!".