Cinquantotto anni, di Torino: chi è Massimo Lodeserto, l'uomo scomparso e poi trovato morto in una cantina abbandonata, ucciso, probabilmente, a martellate. Per il suo omicidio è stato fermato un pregiudicato: si tratta del 57enne Nino Capaldo, affiliato a un clan camorristico e già condannato per aver ucciso un uomo.
Massimo Lodeserto era scomparso da Torino lo scorso agosto. A dare l'allarme era stato il fratello Giacomo, che ai giornalisti aveva raccontato di come l'uomo, 58 anni, si fosse da poco ricostruito una vita, dopo aver trascorso un periodo in carcere per furto e appropriazione indebita. Aveva qualche problema economico, ma nulla che potesse far pensare a un gesto estremo o a un allontanamento volontario.
Sembrava sereno, dicono coloro che lo conoscevano. Ci si chiede, per questo, perché abbia fatto la fine che ha fatto. Ieri, nel corso di alcune perlustrazioni, i carabinieri hanno infatti ritrovato il suo corpo in una cantina abbandonata di un palazzo popolare di via San Massimo. Giaceva, senza vita, sotto sacchi di immondizia, attrezzi e oggetti di ogni sorta, probabilmente da mesi.
Per il suo omicidio è finito in manette il 57enne Nino Capaldo, di Frattamaggiore, nel Napoletano. L'uomo, affiliato a un clan camorristico e poi diventato collaboratore di giustizia, stava finendo di scontare agli arresti domiciliari la pena per un altro omicidio, commesso a Mondragone, in provincia di Caserta, nel 2014, per motivi di droga.
Agli inquirenti che lo hanno fermato, Capaldo ha confessato di aver ucciso Lodeserto "per un debito", colpendolo con un martello fino a lasciarlo a terra inerme. Se questo debito esistesse veramente non è chiaro. Ma sembra che l'ex compagna della vittima ne avesse convinto Capaldo, che da poco frequentava.
Gli aveva detto che all'uomo aveva prestato centomila euro per dare impulso all'attività che gestivano insieme, un'impresa di pulizie ormai fallita. Capaldo avrebbe quindi iniziato a chiedere insistentemente il denaro a Lodeserto che alla fine, incapace di risanare il suo debito, avrebbe pagato con la vita. Era il 30 agosto.
Dopo la denuncia di scomparsa presentata dal fratello Giacomo, i carabinieri avevano iniziato a cercare il 58enne dappertutto, scandagliando anche i suoi contatti. Nel suo smartphone si sarebbero imbattuti in una serie di messaggi e di chiamate ricevute da Capaldo, insospettendosi, fino al tragico ritrovamento di ieri, 4 dicembre. A riportarlo è La Stampa.
La storia di Lodeserto ricorda quella di Marta Di Nardo, la 60enne scomparsa e poi trovata morta nell'abitazione del vicino Domenico Livrieri a Milano. I fatti risalgono allo scorso ottobre. L'uomo, di 46, aveva dato appuntamento alla donna, che conosceva perché entrambi erano in cura presso il Cps, il Centro psico-sociale locale, con la scusa di ridarle dei soldi che le doveva, invece l'aveva colta di sopresa e colpita a morte, nascondendone il corpo dietro all'intercapedine di un soppalco ricavato nella cucina.
Il figlio, residente a Palermo, ne aveva denunciato la scomparsa. Dopo settimane di ricerche i sospetti degli inquirenti si erano concentrati su Livrieri, che secondo alcuni testimoni aveva avuto accesso alla casa della vittima dopo la sua sparizione. Sembra che vi mangiasse e dormisse, perché nel suo appartamento l'odore sprigionato dal corpo in decomposizione si era fatto nauseabondo.
Quando ha commesso l'omicidio il 46enne avrebbe dovuto trovarsi in una Rems perché era già stato fermato per altri piccoli reati e giudicato "socialmente pericoloso" per via dei suoi problemi psichici. Nella struttura, invece, non c'era più posto. Così l'uomo era rimasto in libertà.