Al termine dell'udienza preliminare tenutasi ieri a Padova, Diletta Miatello, accusata dell'omicidio dei genitori, consumatosi il 27 dicembre dello scorso anno a San Martino di Lupari, è stata rinviata a giudizio. Il processo a suo carico si aprirà il prossimo 21 febbraio.
L'avvocato difensore della 51enne, il legale Elisabetta Costa, aveva deciso di puntare sulla necessità di accertare le facoltà mentali della sua assistita. Sembra infatti che la donna, ex vigilessa di professione, fosse in cura, prima del delitto, presso il Centro di salute mentale di Cittadella.
Se fosse risultata incapace di intendere e di volere e/o di stare a processo, la sua difesa avrebbe chiesto al giudice per l'udienza preliminare il non luogo a procedere. Miatello quindi avrebbe evitato di essere giudicata. Il gup Domenica Gambardella, accogliendo l'opposizione del pubblico ministero Marco Brusegan, ha però deciso di rigettare l'istanza: secondo lei gli elementi raccolti in fase di indagine sarebbero sufficienti per andare a processo.
L'ex vigilessa, accusata di duplice omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo, dalla minorata difesa delle vittime (che oltre ad essere anziane, erano state aggredite nel sonno, non potendo difendersi) e dalla crudeltà, nel caso della madre, dovrà presentarsi davanti alla Corte d'Assise di Padova a partire dal 21 febbraio. La sorella, che aveva subito sospettato di lei dopo il ritrovamento del corpo dei genitori, si costituirà, per l'occasione, parte civile.
Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Miatello avrebbe aggredito a morte la madre e il padre, di 84 e 89 anni, nella notte tra il 26 e il 27 dicembre dello scorso anno nella piccola abitazione in cui i due coniugi vivevano da tempo, al civico 17 di via Galileo Galilei, a San Martino di Lupari.
A trovare la madre senza vita e il padre in stato di minima coscienza (sarebbe morto qualche mese dopo in ospedale) era stata la sorella, che la mattina del 27 dicembre, non essendo riuscita a mettersi in contatto con loro e avendo scoperto che non avevano aperto alla colf, si era preoccupata ed aveva deciso di andare a controllare se stessero bene.
Quando aveva dato l'allarme aveva subito puntato il dito contro la sorella che, dopo essersi separata dal marito e aver perso il suo lavoro da vigilessa, era tornata a stare accanto a loro, facendosi mantenere. Gli inquirenti si erano quindi messi sulle sue tracce. L'avevano trovata qualche ora dopo a bordo della sua Fiat Panda rossa e portata in caserma. Fin dall'inizio la donna non ha mai ammesso le proprie responsabilità, professandosi innocente.
Il suo caso aveva scosso l'opinione pubblica, ricordando a molti quello di Benno Neumair, che all'inizio del 2021 aveva ucciso i genitori Peter e Laura, di 63 e 68 anni, a Bolzano, provando a depistare le indagini seguite alla denuncia di scomparsa che lui stesso aveva presentato.
Agli inquirenti, il 33enne, affetto da diversi problemi di natura psichiatrica, aveva raccontato che i due erano usciti di casa per fare una passeggiata in montagna, senza fare ritorno. Si era poi scoperto che li aveva strangolati con una corda da arrampicata, gettandone i corpi nelle acque del fiume Adige, da dove sarebbero riemersi solo qualche mese dopo.
Di recente Neumair, reo confesso, è stato condannato all'ergastolo. I suoi avvocati difensori avevano chiesto che - come il killer di Carol Maltesi, Davide Fontana - potesse avere accesso a un programma di giustizia riparativa, ma la loro richiesta è stata rigettata.