Il 2022 è stato l'anno record in negativo per il numero delle nascite. Un calo dell'1,9%, con 392.598 bambini nati, soprattutto da coppie straniere. E gli italiani? Secondo le ultime rilevazioni di Save The Children le donne italiane mettono al mondo sempre meno figli e lo fanno sempre più tardi. Tutto questo ha portato a un "inverno della natalità" e a porre l'attenzione sull'importanza della maternità. La senatrice Lavinia Mennuni è intervenuta in merito in una intervista esclusiva per TAG24.
Pandemia, crisi, guerre e un futuro sempre più incerto hanno spinto sempre più giovani ad abbandonare il desiderio di metter su famiglia. Le donne devono sempre fare le equilibriste fra lavoro e figli, mentre il divario con gli uomini aumenta: il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà. Da qui, l'invito della Mennuni di aiutare i giovanissimi uomini e donne di 18-20 anni a tornare ad avere il desiderio di avere bambini.
D: Nel suo intervento a Coffee Break, lei ha invitato i giovani a volere dei figli, ma subito sono esplose le polemiche. Si aspettava queste critiche?
R: L'intervista riguardava il tema della natalità in generale, da lì è stato solo estrapolata la parte in cui io invito i giovanissimi a progettare, oltre quelle che sono le proprie ambizioni legittime e professionali, di mettere al mondo dei bambini. Questo lo dico soprattutto oggi, e va fatto un grande lavoro sia di sostegno economico delle giovani coppie, ma anche a livello culturale, perché stiamo attraversando la fase peggiore dell'inverno demografico della nostra nazione. È evidente che con soli 393 mila nati - che è un dato disastroso - vi saranno implicazioni molto serie per l'Italia. Sinceramente sono rimasta molto stupita dagli attacchi pretestuosi ricevuti, dalle polemiche pretestuose che ci sono state. Perché io mi aspetterei, in particolare dalle parti politiche tutte, in un momento di tale crisi emergenziale, una comunità di intenti e non la volontà di attaccarsi gli uni gli altri.
D: Come risponderebbe a queste critiche?
R: Che sono delle critiche pretestuose, prive di fondamento. Basta conoscere la mia storia di vita per capire che non sarei certamente io la persona che andrebbe a dire ad un ragazzo o a una ragazza di rinunciare alle proprie aspirazioni professionali. Io stessa, infatti, sono madre di tre figli, sono laureata in Giurisprudenza, ho fatto l'avvocato e sono in politica da quando avevo vent'anni. Ma ritengo fondamentale lavorare al livello sociale, statale, culturale, per aiutare i ragazzi a mettere al mondo dei figli e una famiglia. E aggiungo anche che più da giovani si fanno i figli e meglio è: si hanno più energie, più forze. Cosa diversa dall'interpretazione che è stata data.
D: Un'altra affermazione molto criticata è: "La mia mamma mi ricordava sempre che qualsiasi aspirazione tu abbia, devi ricordare sempre che hai l’opportunità di fare ciò che vuoi ma la tua prima aspirazione è quella di essere mamma a tua volta". Potrebbe spiegarcela meglio?
R: Io credo che ognuno debba aspirare a ciò che desidera, ognuno ha la libertà di aspirare a ciò che vuole. Penso, però, che sia importante creare un clima positivo per la natalità. E, quindi, che ci sia un approccio culturale nuovo, da tutti gli organismi che possono aiutare a crearlo, di accoglienza della vita. Io dico con molta franchezza che ho avuto una vita attiva, ho raggiunto traguardi importanti e lo dico con serenità: aver avuto i miei tre figli è stato il mio momento di massima gioia. Ciò detto, dobbiamo aiutare i ragazzi e le ragazze a essere messi nelle condizioni di non dover seguire l'aspirazione professionale a scapito di quella familiare. La donna e l'uomo devono - e va fatto un grande lavoro - potersi affermare a livello professionale, ma anche di poter avere dei figli e una famiglia, nei tempi in cui questi si possono avere.
Non è un mistero che la donna intorno ai 37-38 anni ha un ciclo suo naturale e questo è un elemento che a livello sociale dobbiamo ricordare. La società deve accogliere la giovane donna che con il suo uomo decide di avere un bambino. Non deve esistere il rischio della perdita del lavoro a causa della maternità o il problema della carriera o dell'empowerment femminile. Tutto ciò deve essere superato. Per farlo serve un grande lavoro di approccio culturale, perché il figlio deve essere percepito come una ricchezza di tutta la società. Soprattutto in questa fase di grande emergenza del tasso di natalità e dell'inverno demografico dobbiamo fare un lavoro interistituzionale.
D: Secondo lei esiste una cattiva visione della famiglia e del fare figli? Per questo, magari, tante ragazze non se la sentono di avere bambini?
R: Sicuramente c'è un elemento di natura economica, però, non c'è solo questo. C'è anche un elemento di forma mentis, di cultura, perché quando i nostri nonni facevano figli e c'era un tasso di natalità molto alto, vivevano la guerra. I bambini nascevano sotto le bombe. Pensi a che fase precaria era quella. E questo lo dico a chi dice: "Eh ma noi oggi abbiamo la pandemia, la guerra. Abbiamo paura. Viviamo in una fase di difficoltà". Vero, tutto vero, e infatti dobbiamo fare un grande lavoro di sostegno, però è vero anche che i figli si sono fatti anche in epoche altrettanto complesse e difficili.
Per questo dico che è una questione culturale. Perciò ho usato quella parola - che è stata stigmatizzata - ma che voleva essere provocatoria: la maternità e la paternità devono tornare a essere cool. Che vuol dire? "Attraenti" in italiano.
A scagliarsi contro la senatrice di Fratelli d'Italia anche la deputata Barbara Floridia (M5s) che ha rilasciato una dichiarazione riguardo l'intervento a Coffee Break:
D: Come risponde a questa critica?
R: Assolutamente io non volevo e non voglio dispiacere o offendere alcuna donna che non voglia avere figli o che non possa averne. Sinceramente non capisco, però, quale sia l'arretratezza nel capire la contingenza dei tempi. Se oggi noi abbiamo una crisi disastrosa del tasso di natalità è chiaro che dobbiamo rispondervi in ogni maniera. Anche richiamando l'attenzione sull'esigenza che i ragazzi che oggi possono avere figli devono essere messi nelle condizioni di poterne fare.