Si può contrarre l'HIV da una persona sieropositiva in cura? La ricerca medica ha indagato approfonditamente su questa tematica, cercando di fornire risposte chiare e basate su evidenze scientifiche.
Capire se sia possibile contrarre l'HIV da individui in trattamento è fondamentale per dissipare paure infondate e promuovere una consapevolezza accurata sulla malattia. Scendiamo nei dettagli.
No, non si può! I trattamenti antiretrovirali bloccano la replicazione dell'HIV nell'organismo attaccando il virus agendo in fasi diverse della sua "produzione".
Una volta raggiunto l'obiettivo di blocco, i trattamenti rendono la carica virale della persona non rilevabile: i dispositivi di misurazione di laboratorio non sono più in grado di rilevarla nel sangue.
Di conseguenza, non solo il suo sistema immunitario viene ripristinato, ma non trasmette il virus né sessualmente, né attraverso il sangue, né durante la gravidanza o il parto.
Si parla quindi di TaSP for Treatment as Prevention (o trattamento come prevenzione) e da quel momento in poi esiste il rischio zero.
Anche se queste cure non curano, alla fine degli anni 2000 hanno costituito un’enorme rivoluzione per le persone interessate, sollevandole da un peso non indifferente; e in particolare il carico mentale legato alla paura di contaminare il proprio partner.
Il TaSP ha un effetto sorprendente e reale in termini di salute pubblica, nel senso che permette di spezzare le catene di trasmissione. Ecco perché è importante sottoporsi al test, se a rischio, e iniziare al più presto la cura.
Uno studio osservazionale australiano pubblicato nel giugno 2023 ha dimostrato che in dieci anni TaSP e PrEP hanno ridotto del 66% le infezioni da HIV negli uomini gay e bisessuali.
Nonostante questa certezza, c'è ancora molta ignoranza e poca conoscenza intorno all'HIV, soprattutto tra i giovani. Solo un 20% delle persone sa che chi si fa il trattamento antiretrovirale per l'HIV non può trasmettere il virus e il rischio è zero.
È molto difficile smontare la storia, passare da una cultura in cui una persona affetta da HIV deve stare costantemente attenta a una cultura in cui non esiste il rischio di trasmettere l’HIV. Anche tra le persone informate spesso rimane un dubbio, un non si sa mai.
Lo vediamo anche nel modo in cui i media trattano le informazioni relative al TaSP: c'è ancora una certa riluttanza a parlare di rischio zero e a scrivere nero su bianco che una persona sieropositiva in cura non trasmette l'HIV. Questo non fa altro che contribuire alla discriminazione e all'associazione del virus solo a determinate categorie di persone.
Il rischio zero, però, non è un'opinione, ma un fatto scientifico indiscutibile.
Oltre 30.000 persone in Italia sono ignare della propria sieropositività all’HIV e, per questo motivo, non possono avere accesso alle cure necessarie per evitare che si tramuti in AIDS.
Nel corso del 2021, la percentuale di persone con una nuova diagnosi di AIDS che non conosceva la propria sieropositività è aumentata dell’83%.
Questo evidenzia la mancanza di conoscenza, di consapevolezza, ma anche di informazione mediatica sul virus.
Molti giovani sottostimano il pericolo e alcuni non hanno mai nemmeno sentito parlare dell’HIV. Tutto questo è molto pericoloso!
Il silenzio riguardante l’HIV può uccidere. Mentre una diagnosi precoce può permettere di spezzare la catena facendo diventare il sieropositivo a rischio zero.
Attualmente non esiste una cura per l’HIV, ma ci sono terapie che consentono a molte persone affette dal virus di condurre una vita piena e lunga, con un’aspettativa di vita simile alle persone sane.
Grazie a un trattamento tempestivo, è possibile prevenire l’insorgenza dell’AIDS e vivere una vita normale, e non infettare gli altri, in alcun modo
La scarsa attenzione mediatica sull’infezione ha contribuito alla mancanza totale di informazioni e conoscenza o alla diffusione di informazioni totalmente sbagliate.
Soprattutto i giovani, non sanno quasi nulla dell’HIV, come si trasmette, come si previene, quanto grave sia. Questo li porta ad avere rapporti sessuali non protetti e a evitare i test diagnostici.
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