È stato condannato a 25 anni di reclusione Fabrizio Biscaro, il 38enne trevigiano finito a processo con l'accusa di aver ucciso a coltellate la 35enne Elisa Campeol mentre prendeva il sole sul greto del fiume Piave nell'estate del 2021. Il pm - che gli aveva contestato l'aggravante della premeditazione - aveva chiesto nei suoi confronti il massimo della pena, l'ergastolo. Ora la Corte dovrà decidere se andrà in carcere o o se resterà nella Rems in cui si trova a Verona.
Elisa Campeol aveva 35 anni e lavorava come barista in un locale di Pieve di Soligo quando, il 23 giugno del 2021, fu accoltellata a morte dal 38enne trevigiano Fabrizio Biscaro mentre prendeva il sole sul greto del fiume Piave a Moriago della Battaglia, nel Trevigiano, sotto gli occhi di due testimoni.
Un omicidio brutale e senza movente, che venne risolto in breve tempo: dopo aver chiamato i carabinieri, il killer si presentò autonomamente alla caserma locale e lì, mostrando un orecchio che aveva reciso alla donna, con le mani ancora insanguinate e i vestiti sporchi, confessò di averla uccisa dopo essere stato colto da "una furia incontenibile", un "raptus".
I due non si conoscevano nemmeno. Biscaro - come avrebbe spiegato in seguito - l'aveva scelta a caso perché voleva far del male a qualcuno. Il giorno prima era uscito in anticipo dal lavoro, recandosi in un supermercato e acquistando un coltello. Dopo aver vagato per tutta la notte in auto, si era recato sull'Isola dei Morti, un posto che conosceva bene, e l'aveva colpita.
Un atto premeditato, secondo l'accusa, che al termine della sua requisitoria, nel processo che lo vede imputato a Treviso aveva chiesto di condannarlo all'ergastolo. I giudici alla fine gli hanno dato 25 anni. Il egale che lo difende, l'avvocata Rosa Parenti, ha fatto però sapere che, una volta lette le motivazioni della sentenza (che saranno depositate entro 90 giorni a partire da oggi, 2 febbraio), presenterà ricorso in Appello.
Attualmente Biscaro si trova nella Rems di Nogare, in provincia di Verona: una perizia psichiatrica voluta dal gip lo aveva definito, intatti, "non padrone del proprio volere". Spetta alla Corte decidere se, alla luce della condanna, dovrà andare in carcere.
Quando fu arrestato si scoprì che era affetto da una grave depressione e che più volte aveva tentato il suicidio per impiccaggione, legandosi le mani con delle fascette di plastica in maniera tale da non potersi divincolare, finendo in cura da diversi psichiatri.
Non ci si aspettava, comunque, che sarebbe arrivato a tanto. Diverso il caso di Alberto Scagni, il 42enne condannato a 24 anni e 6 mesi di carcere per aver ucciso la sorella Alice a Quinto, Genova, il primo maggio del 2022. L'uomo, giudicato "seminfermo di mente", si era fatto a tal punto minaccioso per la sua famiglia che i genitori ne avevano più volte chiesto il ricovero, senza venire ascoltati.
Ha evitato l'ergastolo, perché, per legge, se non si è totalmente capaci di intendere e di volere quando si commette un reato si può beneficiare di uno sconto di pena, ma in carcere - non essendo stato isolato - è stato preso di mira e picchiato da due compagni di cella ubriachi, riportando lesioni gravissime.
Una vicenda che aveva sconvolto tutti, portando tanti a riflettere su quanto sia importante capire come trattare i detenuti problematici come lui, Biscaro e tanti altri.