Aveva settantatre anni quando, nel settembre del 2014, morì nel centro di cura in cui da tempo era ricoverato a causa di una malattia lasciando orfani i figli Elena e Andrea: ecco chi era Mario Frigerio. L'11 dicembre del 2006 sopravvisse per miracolo alla "strage di Erba", come è stato rinominato dalla stampa il caso di pluriomicidio che si consumò in una palazzina di via Armando Diaz della cittadina in provincia di Como. Caso per cui i giudici hanno condannato in via definitiva all'ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi.
Se Mario Frigerio riuscì a sopravvivere alla profonda coltellata che ricevette alla gola dai killer, che prima di lui si erano scagliati, uccidendoli, contro la moglie Valeria Cherubini, la vicina di casa Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk e la madre Paola Galli, fu solo grazie ad una malformazione congenita alla carotide.
Era il 2006. Dopo essere stato ridotto in fin di vita, l'uomo, che aveva da poco passato la sessantina, restò per settimane in ospedale e al suo risveglio puntò immediatamente il dito contro Olindo Romano, il suo vicino di casa, sostenendo di averlo visto compiere la mattanza.
Chiamato a testimoniare al processo contro lui e la moglie Rosa Bazzi, a carico dei quali nel frattempo erano state raccolte numerose prove di colpevolezza, Frigerio ripercorse quanto accaduto la sera dell'11 dicembre nella palazzina di via Diaz, sostenendo di essere uscito di casa insieme alla moglie per portare a spasso il cane e di essersi imbattuto in Olindo che, fissandolo "con occhi da assassino", lo aveva colpito.
"Non dimenticherò quello sguardo per tutta la vita", disse. E quando gli avvocati della difesa passarono al controesame, cercando di incalzarlo, rispose loro: "Dovreste vergognarvi". Quando morì, ormai dieci anni fa, il fratello di una delle vittime gli dedicò le seguenti parole:
Il pool di legali che assiste Olindo e Rosa, guidato dall'avvocato Fabio Schembri, ha sempre sostenuto che la testimonianza di Mario Frigerio non fosse attendibile perché l'uomo, essendo stato esposto per lungo tempo al monossido di carbonio sprigionato dall'incendio appiccato dopo gli omicidi, aveva riportato delle "importanti cerebrolesioni".
In pratica secondo la difesa dei coniugi l'uomo non avrebbe dovuto essere ascoltato perché incapace di ricordare quanto realmente accaduto. È uno dei punti in comune delle tre richieste di revisione del processo che sono state avanzate negli scorsi mesi dal tutore legale e dagli avvocati di Olindo e Rosa, oltre che dal procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, che al riguardo è stato anche sanzionato dal Csm.
Richieste di cui proprio oggi, 1 marzo, si sta discutendo in aula a Brescia: dopo aver sentito tutte le parti i giudici dovranno decidere se confermarne formalmente l'ammissibilità, dando il via a un nuovo dibattimento, oppure rigettarle, come questa mattina ha chiesto l'accusa, rappresentata dall'avvocato generale Domenico Chiaro e dal procuratore generale Guido Raspoli, definendole "inammissibili".
Il primo è anche tornato sulla testimonianza di Mario Frigerio, sostenendo che non si trattasse di "un falso", come da alcuni è stato avanzato. Secondo lui la conclusione a cui i giudici di tre gradi di giudizio sono arrivati - e cioè che Olindo e Rosa sono colpevoli, "al di là di ogni ragionevole dubbio" - è "impossibile da ribaltare". Dello stesso avviso sono gli avvocati delle parti civili, incluso quello che assiste la famiglia Frigerio, secondo cui il super testimone non avrebbe subito alcuna "intossicazione" in grado di comprometterne le capacità cognitive.