Ha ucciso il padre Akhyad Sulaev, di 50 anni, nella loro abitazione di Nizza Monferrato, in provincia di Asti: ecco chi è la diciottenne Makka Sulaev. Interrogata, ha raccontato delle continue violenze perpetrate a lei e alla madre dall'uomo, che a suo dire non accettava che lavorassero e fossero indipendenti.
I fatti risalgono a venerdì scorso. Dopo aver perso il suo impiego come muratore, il padre di Makka si sarebbe recato nel ristorante in cui lei e la madre lavorano come cameriera e lavapiatti per chiedere loro di licenziarsi. Sembra che non accettasse il fatto che fossero indipendenti e che se la prendesse spesso con loro, arrivando alle mani.
ha raccontato la diciottenne, che poi avrebbe impugnato un coltello da cucina, colpendo il padre fino a lasciarlo a terra esanime. Lo riporta Il Corriere della Sera citando il verbale dell'interrogatorio a cui la giovane è stata sottoposta dopo essere stata fermata. A dare l'allarme, dopo aver assistito inerme alla scena, sarebbe stata la maestra privata dei suoi fratelli più piccoli, che era presente in casa.
All'arrivo dei soccorsi l'uomo era ancora in vita. Poco dopo era morto a causa delle profonde ferite riportate e la moglie Natalia aveva raccontato ai vicini che se la figlia non fosse intervenuta, probabilmente entrambe avrebbero rischiato la vita. Nessuno se lo aspettava: sembra che le due donne non avessero denunciato nessuna violenza e che Makka, in particolare, non avesse mai parlato di problemi in ambito familiare, mostrandosi serena.
I titolari del ristorante dove lavora, "La Signora in Rosso" di Nizza, hanno parlato di lei come di una "ragazza diligente": oltre a studiare con profitto al liceo scientifico si occupava dei fratelli più piccoli, di 10, 11 e 14 anni, badando alla casa e lavorando. In attesa della convalida del fermo, prevista per oggi, 4 marzo, dopo l'interrogatorio con il gip, è stata trasferita in una struttura protetta.
ha dichiarato il suo avvocato Massimiliano Sfolcini sempre al Corriere della Sera. In molti pensando a lei avranno ripensato alla storia del giovane Alex Cotoia, il 21enne che il 30 aprile del 2020 uccise il padre Giuseppe Pompa a coltellate per difendere la madre Maria e il fratello maggiore Loris dalla sua furia.
In primo grado il giovane fu assolto "per legittima difesa"; lo scorso 13 dicembre è stato invece condannato a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di carcere per omicidio volontario: dopo aver ricevuto l'ok da parte della Corte Costituzionale - che era stata chiamata a pronunciarsi sul caso - i giudici gli hanno riconosciuto delle circostanze attenuanti, evitandogli una pena maggiore.
I suoi familiari, comunque, si aspettavano l'assoluzione: sembra che da anni fossero vittime delle violenze dell'uomo morto, che più volte li aveva minacciati di arrivare all'omicidio. Se Alex non fosse intervenuto, secondo loro Pompa avrebbe potuto ucciderli tutti. Proprio come lo scorso maggio aveva provato a fare il 41enne di origini albanesi Taulant Malaj che, dopo aver aggredito a morte il vicino di casa Massimo De Santis, si era scagliato contro la moglie e la figlia maggiore, Jessica, uccidendo quest'ultima.
Sembra che si fosse convinto che la moglie lo avesse tradito e che la figlia, vedendoli litigare e temendo per la vita della madre, abbia deciso di frapporsi tra loro, venendo colpita. Aveva 16 anni. Nel salutarla una delle sue migliori amiche aveva detto: "Vorrei che fosse solo un brutto sogno".