13 Apr, 2024 - 10:30

Il "delitto della minestrina": la morte per avvelenamento da cianuro della 29enne Francesca Moretti a San Lorenzo

Il "delitto della minestrina": la morte per avvelenamento da cianuro della 29enne Francesca Moretti a San Lorenzo

Francesca Moretti morì il 22 febbraio del 2000 all’ospedale San Giovanni di Roma, dove era stata ricoverata d’urgenza dopo aver accusato una serie di forti dolori: da qualche giorno era in cura per una sospetta lombosciatalgia. Si pensò a uno choc da farmaci. Furono gli esami tossicologici e l’autopsia effettuati sul suo corpo a mettere in luce che in realtà era stata avvelenata con del cianuro. Dove? Nel suo appartamento di viale dello Scalo San Lorenzo. Da chi e perché, a distanza di ventiquattro anni, non è ancora stato chiarito.

La morte per avvelenamento di Francesca Moretti a San Lorenzo

Chi era Francesca Moretti

All’epoca dei fatti Francesca Moretti aveva 29 anni. Originaria di Pesaro, dopo essersi laureata in sociologia all’Università di Urbino, si era trasferita a Roma, dove aveva trovato lavoro come operatrice interculturale all’Opera Nomadi, un’associazione senza scopo di lucro che ancora oggi è attiva per favorire l’integrazione della minoranza rom.

Francesca Moretti
Una foto di Francesca Moretti tratta dall'archivio Ansa.

Insieme a una laureanda in psicologia e a una lavoratrice – una cameriera di origini romene - occupava un appartamento di viale dello Scalo San Lorenzo, al centro della Capitale. Stava attraversando un periodo abbastanza complicato: intorno alla fine di febbraio, dopo tanti ripensamenti, avrebbe lasciato la città di Roma per tornare nel suo paese d’origine.

Sperava di potersi costruire una nuova vita insieme un ragazzo che lavorava con lei in un campo nomadi e che, da un po’, frequentava: Graziano Halilovic, figlio del capo rom Vajro Halilovic e suo erede designato, già sposato e con figli. Secondo molti il loro era un amore impossibile.

I dolori, poi la morte

Il 17 febbraio aveva iniziato ad avvertire dei dolori a una gamba: di notte, spaventata, aveva chiamato un’ambulanza ed era stata portata al Policlinico Umberto I, dove le avevano diagnosticato un’infiammazione del nervo sciatico.

Nei giorni successivi, nonostante la cura, non era migliorata. Il 20 di febbraio il suo medico di base, visitandola a casa, aveva però confermato la diagnosi, modificando solo in parte la terapia prescrittagli al pronto soccorso.

Il fidanzato le aveva fatto visita; il 21 febbraio, di sera, l’aveva poi chiamata per avvisarla che il padre era morto. Non poteva sapere che solo qualche ora dopo anche lei si sarebbe spenta: il 22 febbraio, dopo essere stata ricoverata d’urgenza all’ospedale San Giovanni, Francesca morì all’improvviso.

Si pensò a uno choc da farmaci. Poi gli esami tossicologici e l’autopsia effettuati sul suo corpo misero in luce che in realtà, ad ucciderla, era stato del cianuro, un veleno potente e silenzioso.

La pista rom e i sospetti sulla coinquilina Daniela Stuto

I sospetti si concentrarono quasi subito sull’ambiente rom: tra coloro che indagavano c’era chi pensava che, morto il papà di Graziano, Francesca potesse essere diventata oggetto di eventuali vendette, magari da parte della moglie del fidanzato o di qualcuno che le stava vicino.

Poi gli inquirenti iniziarono ad indagare su una delle due coinquiline della giovane, Daniela Stuto: c’era lei insieme alla ragazza quando, all’ora di pranzo, aveva consumato una minestrina con del formaggino.

Si pensava che potesse essere stata lei ad avvelenarla. Il motivo? Un suo presunto innamoramento nei confronti della 29enne, che era a sua volta innamorata di Graziano. Era un’ipotesi che non stava in piedi. Lo si sarebbe capito solo nel corso del processo a suo carico, terminato con un’assoluzione con formula piena della giovane.

Allora Stuto aveva già trascorso un giorno in carcere e un anno e quattro mesi agli arresti domiciliari, venendo additata come manipolatrice e criminale senza che ce ne fosse il motivo: il cianuro, dissero gli esperti, uccide in pochi minuti; non era possibile che Francesca fosse morta dopo ore dal pasto, se fosse stato quello ad essere avvelenato.

Gli interrogativi ancora aperti

Con l’assoluzione della Stuto il caso di Francesca fu relegato nel dimenticatoio delle cronache: a distanza di ventiquattro anni non si sa ancora, quindi, cosa le sia successo. Di sicuro il cianuro che l’ha uccisa era in casa sua.

Ci si chiede se non ce lo avesse portato lei stessa oppure se qualcuno non si fosse intrufolato nell’appartamento e ce lo avesse nascosto, visto che a Mirela, qualche giorno prima, erano state rubate le chiavi del portone.

Se così fosse, di chi si trattava e perché ce l’aveva con Francesca? Ma soprattutto, cosa aveva scritto la ragazza prima di morire nel diario che la madre ritrovò nella sua stanza e poi disse di aver bruciato? Sono tanti gli interrogativi ancora aperti.

Nella prossima puntata di Crimini e criminologia, che andrà in onda su Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre) domenica 14 aprile dalle ore 21.30, Fabio Camillacci e Gabriele Raho ne parleranno con il giornalista Mauro Valentini, autore del libro da poco ripubblicato Cianuro a San Lorenzo. La storia di Francesca Moretti di Armando Editore e con l’avvocato Giovanni Galeota, ex legale della famiglia Moretti.

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Sara D'Aversa
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