Si può andare in pensione e farsi riassumere a lavoro? Il quesito riguarda l'ipotesi di dimissioni per andare in pensione in vista del raggiungimento dei requisiti utili per la vecchiaia dei 67 anni di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi versati. Tuttavia, per molti contribuenti potrebbe essere opportuna la scelta di continuare a lavorare, presso lo stesso datore di lavoro o presso un altro.
Il ricominciare a lavorare richiede, quanto meno, un periodo di stacco durante il quale sono necessarie le operazioni di verifica della sussistenza dei requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia, nonché per l'inizio della decorrenza del trattamento di pensione. Questo ragionamento implica un altro quesito, ovvero quanto tempo è necessario attendere tra l'uscita dal lavoro e la riassunzione?
A risposta dei quesiti, si possono citare due interpretazioni. La prima è quella dell'Inps che è intervenuto sulla questione con la circolare numero 89 del 2009; la seconda è la più recente sentenza della Corte di Cassazione numero 14417 del 2019. Quest'ultima disposizione è più rigida rispetto all'intervento dell'Istituto di previdenza, anche se consente di poter continuare a lavorare dopo la pensione di vecchiaia.
È possibile farsi riassumere o ricominciare a lavorare dopo essere andati in pensione di vecchiaia? Il quesito riguarda chi necessiti e se la senta di continuare a lavorare anche dopo aver iniziato a ricevere il trattamento dell'Istituto di previdenza. Proprio l'Inps è intervenuto sulla questione con la circolare numero 89 del 10 luglio 2009, all'interno della quale affronta sia il caso di una nuova occupazione e la decorrenza del trattamento di pensione che quello di una nuova occupazione presso il medesimo datore di lavoro o presso un altro.
Nel primo quesito, "la ripresa dell’attività lavorativa da parte del lavoratore che consegue la pensione di anzianità non può in alcun caso coincidere con la data di decorrenza del trattamento pensionistico" in quanto occorre "evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione dell’attività lavorativa subordinata".
Pertanto, non si possono concedere o devono essere revocati quei trattamenti di pensione di anzianità per i quali sussista la coincidenza temporale tra il giorno di rioccupazione (che si può desumere dalle comunicazioni da effettuarsi ai sensi della normativa vigente) e la decorrenza della pensione di anzianità.
A tal proposito, l'Istituto di previdenza spiega che "è possibile liquidare il richiesto trattamento pensionistico, a prescindere dalla durata del periodo di inattività, sia qualora il soggetto si rioccupi presso un datore di lavoro diverso da quello alle dipendenze del quale si trovava al momento della domanda di pensione, sia qualora detta rioccupazione avvenga con il medesimo datore di lavoro".
Pertanto, per accertare l'avvenuta interruzione del rapporto di lavoro che precedeva il pensionamento occorre riscontrare l'avvenuto esperimento di tutte le formalità relative alla cessazione di questo rapporto di lavoro, quali le dimissioni del lavoratore, le comunicazioni e le scritture di legge, nonché le liquidazioni di tutte le competenze economiche.
Meno elastica è la sentenza della Corte di Cassazione numero 14417 del 2019 per la quale il periodo di interruzione dell'attività di lavoro deve essere sufficientemente ampio per escludere i casi di presunzione di simulazione della cessazione del rapporto di lavoro e per consentire l'espletamento di ogni spettanza di fine rapporto. Si consiglia, ai fini della nuova assunzione o della riassunzione, di cambiare la mansione per escludere del tutto la presunzione simulata, oltre a un tempo ampio tra l'uscita dal lavoro, il trattamento di pensione e l'avvenuto rientro a lavoro.