L'11 dicembre del 2006, in una palazzina di via Armando Diaz ad Erba, in provincia di Como, il piccolo Youssef Marzouk, la madre Raffaella Castagna, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini venivano uccisi a colpi di spranga e di coltello. Secondo i giudici della Corte di Cassazione, a macchiarsi del loro sangue furono i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi che, dopo una condanna in via definitiva all'ergastolo, sono tornati da poco in aula a Brescia per la discussione sulla revisione del processo a loro carico. Secondo l'avvocato Fabio Schembri, che fa parte del pool di legali che li difende, sarebbero "ottimisti" su una possibile assoluzione: ecco le sue parole a "Crimini e criminologia" su Cusano Italia Tv.
"Olindo e Rosa hanno seguito e stanno seguendo questo nuovo processo. Ovviamente restano con i piedi per terra, non si illudono perché in questi lunghi 17 anni hanno avuto tantissime delusioni, però, giunti a questo punto, sperano con fiducia e ottimismo nell'assoluzione", ha dichiarato il legale nell'intervista rilasciata ai conduttori Fabio Camillacci e Gabriele Raho, definendosi a sua volta ottimista.
"Non mi pronuncio sull'esito finale per scaramanzia - ha aggiunto -. Il processo di revisione è in corso e ha delle regole particolari, nell'ambito delle quali abbiamo discusso sia in ordine all'ammissibilità delle nuove prove (sulla quale l'accusa si è opposta, ndr) che nella comparazione tra le nuove prove e quelle vecchie".
Il riferimento è agli elementi che portarono alla condanna dei coniugi Romano e a quelli - acquisiti in ambito difensivo - che, secondo il legale, potrebbero portare ad un ribaltamento della sentenza di condanna. Elementi che il prossimo 10 luglio i giudici dovranno decidere se ammettere o meno. "Come collegio difensivo ce lo auguriamo - è stato il commento dell'avvocato Fabio Schembri - in modo tale che si possano ascoltare sia i consulenti che i testi che abbiamo indicato".
Le "prove" cardine dell'accusa sono tre: innanzitutto la dettagliatissima confessione che Olindo e Rosa resero dopo il loro arresto in separata sede (senza aver avuto la possibilità di concordare ciò che avrebbero detto) e che poi smentirono sostenendo di essere stati spinti a parlare con la promessa che in cambio sarebbero stati detenuti insieme.
Poi la testimonianza di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage, e, infine, il rinvenimento di una macchia di sangue appartenente alla moglie Valeria Cherubini sul battitacco dell'auto di Olindo, da sempre messo in dubbio dalla difesa. Su queste e su altro si sono già espresse, in aula, l'accusa e la difesa, ma anche le parti civili.
"La Procura generale (che rappresenta l'accusa, ndr) ha chiesto di replicare alle nostre richieste - ha spiegato Schembri -, una richiesta abbastanza bizzarra, per quanto ci riguarda. La Corte d'Appello evidentemente ritiene che la situazione sia complessa, altrimenti non avrebbe dato così tanto spazio sia all'accusa che alla difesa; avrebbe potuto dichiarare inammissibile la richiesta di revisione anche alla prima udienza".
Si attende, ora, la decisione dei giudici che, una volta riunitisi in camera di consiglio, si esprimeranno sul caso: l'augurio dei familiari delle vittime - fatta eccezione per Azouz Marzouk, che attraverso i suoi legali ha chiesto di valutare la pista dello spaccio come possibile movente della strage - è che non si vada avanti, che venga confermata la sentenza di condanna nei confronti di Olindo e Rosa. Loro, che da anni ormai si proclamano innocenti, sperano invece nella scarcerazione.