02 Jun, 2024 - 11:31

Omicidio di Vigonza, l'autopsia rivela: "Giada Zanola era ancora viva quando è stata gettata dal cavalcavia"

Omicidio di Vigonza, l'autopsia rivela: "Giada Zanola era ancora viva quando è stata gettata dal cavalcavia"

Quando l'ex compagno Andrea Favero l'ha spinta giù da un cavalcavia dell'A4 nei pressi di Vigonza, nel Padovano, Giada Zanola, di 33, era, con molta probabilità, ancora viva: nel corso dell'autopsia non sarebbero stati trovati, sul suo corpo, segni di strangolamento o ferite da arma da taglio.

I primi risultati dell'autopsia sul corpo di Giada Zanola, uccisa dall'ex compagno Andrea Favero a Vigonza

Non si esclude comunque che la donna possa essere stata tramortita prima di essere sollevata e gettata al di là della ringhiera del cavalcavia, alta circa due metri nel punto interessato: se fosse stata cosciente, probabilmente si sarebbe dimenata, rendendo l'operazione difficoltosa.

I fatti risalgono alle 3 del mattino del 29 maggio scorso. Stando a quanto ricostruito finora, il 39enne, camionista di professione, avrebbe fatto precipitare Zanola sulla carreggiata dell'autostrada da un'altezza di circa dieci o quindici metri.

Agli inquirenti che lo hanno arrestato dopo aver escluso la possibilità di un suicidio e aver concentrato su di lui i sospetti ha raccontato però di avere un "vuoto di memoria". "Lei mi sbraitava addosso dicendo che mi avrebbe tolto nostro figlio. Siamo scesi dall'autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano", ha detto.

Si pensava che potesse aver ucciso l'ex compagna già in casa, gettandone il corpo nel vuoto dopo averlo caricato in auto in un secondo momento; i primi riscontri dell'autopsia lo escluderebbero. Subito dopo i fatti sarebbe tornato a casa e si sarebbe messo a dormire. Qualche ora dopo, attorno alle 7, avrebbe inviato all'ex il seguente messaggio: "Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato!.

Sperava di convincere tutti che la donna si fosse allontanata da sola mentre lui dormiva e che poi si fosse tolta la vita. Ad incastrarlo, oltre alle testimonianze, anche i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona.

I timori che la vittima aveva confidato alle amiche

Tre anni fa i due avevano avuto un bambino e avrebbero dovuto sposarsi. Da qualche tempo però ormai vivevano da separati in casa e le liti, tra loro, si erano fatte continue: Giada - che aveva intrapreso una relazione con un altro uomo - aveva confidato alle amiche di temere che l'ex potesse arrivare a drogarla o a ricattarla per dei video che avevano girato anni prima in momenti di intimità.

Conferme o smentite arriveranno dai risultati degli esami tossicologici eseguiti sui tessuti prelevati dal cadavere della vittima e dalla consulenza tecnico-informatica che il sostituto procuratore di Padova Giorgio Falcone ha chiesto a un perito di eseguire sul telefono cellulare di Favero. L'uomo, intanto, resta in carcere.

"Penso sempre e soltanto a mio figlio", continuerebbe a ripetere da dietro le sbarre della sua cella del carcere Due Palazzi di Padova. Lo riporta il Messaggero. "Per noi era un ragazzo a posto", ha detto la sorella della vittima al Corriere della Sera. Insieme al resto dei familiari di Giada non avrebbe mai pensato che il 39enne potesse arrivare a tanto.

"Non abbiamo mai sospettato nulla - ha spiegato - altrimenti saremmo andati subito a denunciare". Ora ciò che si aspettano è "giustizia". "Mi fido degli investigatori. Solo loro ci possono aiutare a fare chiarezza - ha dichiarato nell'intervista rilasciata al quotidiano -. Di sicuro Giada non si sarebbe mai suicidata".

Ma perché Favero l'avrebbe uccisa? Le ipotesi sono molte: la più probabile è che non accettasse la fine della loro relazione e il fatto che, allontanandolo, la donna potesse allontanarlo, di riflesso, anche dal figlio. Un movente che caratterizza molti dei casi di femminicidio che ogni anno, purtroppo, si registrano.

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Sara D'Aversa
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