Il lavoro del Cnel ha ufficialmente aperto il cantiere di riforma delle pensioni del 2025, con qualche novità in arrivo sulle età di uscita e sulle possibilità effettive di realizzare quota 41. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, presieduto da Renato Brunetta, è chiamato a redigere una proposta di riforma previdenziale entro luglio prossimo. La stessa proposta verrà discussa dal governo in sede di rettifiche alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) di ottobre prossimo e di legge di Bilancio 2025.
Ma, sul fronte previdenziale, qualcosa si muove e, si può anticipare, non troppo in linea con le aspettative dei futuri pensionati. Generalmente, le misure discusse dal Cnel portano a concludere che si richiederà ai contribuenti di rimanere più tempo nei luoghi di lavoro, con un ventaglio di età di uscita che andrà dai 64 anni ai 72 anni. Per altre misure, come quelle delle quote, si fa fatica a cogliere quale sarà il loro futuro. Quota 103 attende la conferma anche per il prossimo anno, così come l'Ape sociale e l'opzione donna.
Il Cnel ha aperto ufficialmente il cantiere delle pensioni del prossimo anno. Dalla fine di maggio scorso, infatti, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è impegnato a varare una proposta di legge di riforma organica delle pensioni da presentare sul tavolo del governo per essere discussa nel prossimo autunno.
La situazione dei conti pubblici, tuttavia, impone delle scelte che non sempre vanno a vantaggio dei contribuenti. Tutto l'impianto previdenziale - secondo la proposta del Cnel - si baserà su una rosa di età di uscita da 62 a 72 anni, con riforma di tutto il sistema di coefficienti di trasformazione che regolano l'importo della futura pensione.
Saranno queste, dunque, le età a partire dalle quali si potrà andare in pensione (con una riforma delle attuali 16 età attuali, a partire dai 57 anni). Ma ciò che dovrebbe preoccupare maggiormente i contribuenti è il numero degli anni di versamenti richiesti. Infatti, la pensione di vecchiaia - con età stabile a 67 anni - richiederebbe non più 20 anni di contributi ma 25.
E, di conseguenza, chi non dovesse maturare questo requisito a 67 anni, si vedrebbe costretto a continuare a lavorare fino alla relativa maturazione. In alternativa, si potrebbe agire anche sull'importo minimo della pensione da maturare. Il Cnel propone l'importo di 1,5 volte la pensione sociale. Anche in questo caso, se il lavoratore di 67 anni e 25 anni di contributi non dovesse maturare il terzo requisito, quello dell'importo della pensione, sarebbe costretto a lavorare di più per arrivare al minimo richiesto.
Fin qui la pensione di vecchiaia. Ma il ritocco potrebbe arrivare anche sulle pensioni anticipate con la previsione - per i lavoratori del contributivo della possibilità di uscire a 64 anni unitamente a un numero di anni di contributi - attualmente fissato a 20 - e a tre volte l'importo minimo della pensione sociale.
L'età potrebbe rimanere quella dei 64 anni, ma potrebbero essere modificati gli altri due requisiti. Quello della maturazione del triplo dell'importo della pensione sociale è un requisito già modificato dalla legge di Bilancio 2024 (da 2,8 volte a 3 volte).
Potrebbe sparire dai radar la quota 41, la misura cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini che consentirebbe di uscire a qualsiasi età con 41 anni di contributi. Molto dipenderà da come il leader del Carroccio saprà farsi valere nei tavoli del prossimo autunno ma, ad oggi - e alla luce dei risultati delle recenti votazioni europee - le previsioni sono per un ulteriore rinvio della misura.