02 Jul, 2024 - 11:42

Soffrire d'ansia dopo i 50 anni aumenta il rischio di ammalarsi di Parkinson

Soffrire d'ansia dopo i 50 anni aumenta il rischio di ammalarsi di Parkinson

L'ansia rappresenta un sintomo di diverse condizioni mediche, tra cui sorprendentemente la malattia di Parkinson. Negli ultimi anni, diversi studi hanno evidenziato un'intrigante correlazione tra l'insorgenza di disturbi d'ansia in tarda età e un aumentato rischio di sviluppare il Parkinson.

In questo articolo vedremo il legame tra ansia e Parkinson, e l'importanza di una valutazione medica tempestiva per una diagnosi precoce e un trattamento adeguato.

Ricevere una diagnosi di disturbo d'ansia dopo i 50 anni, aumenta il rischio di soffrire di Parkinson

Ricevere una diagnosi di disturbo d'ansia in età avanzata può aumentare il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson fino a due volte.

Il morbo di Parkinson è una patologia del sistema nervoso che spesso inizia con un lieve tremore ma può progredire fino a compromettere il movimento, la parola e l'equilibrio. Non esiste una cura definitiva, ma i farmaci possono alleviare i sintomi.

Le recenti scoperte di alcuni ricercatori londinesi si concentrano sulle persone a cui è stata diagnosticata l'ansia dai 50 anni in su, senza prendere in considerazione diagnosi di ansia precedenti. Il tempo medio tra una nuova diagnosi di ansia e una successiva diagnosi di Parkinson è stato di poco meno di 5 anni, secondo uno studio pubblicato la scorsa settimana sul British Journal of General Practice.

I ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di pazienti che hanno frequentato cliniche di assistenza primaria nel Regno Unito dal 2008 al 2018, tutti di età pari o superiore ai 50 anni. Le persone sono state considerate come appena diagnosticate con ansia se non avevano una condizione di ansia riportata nelle loro cartelle cliniche per un anno intero prima che un medico documentasse una nuova diagnosi di ansia.

L'analisi ha incluso i dati sanitari di oltre 870.000 persone senza una registrazione di disturbo d'ansia durante il periodo di studio e di quasi 110.000 persone con una recente diagnosi di ansia.

I ricercatori hanno notato che le persone anziane con ansia spesso segnalano anche problemi di memoria e capacità di pensiero.

Oltre all'ansia, quali sono gli altri fattori di rischio per il Parkinson

La nuova analisi ha anche confermato tutti gli altri fattori di rischio già noti per il morbo di Parkinson, come:

  • essere maschi;
  • soffrire di depressione;
  • affaticamento;
  • problemi cognitivi;
  • pressione bassa;
  • tremore;
  • rigidità muscolare;
  • problemi di equilibrio;
  • stitichezza;
  • disturbi del sonno come apnea notturna, sindrome delle gambe senza riposo e insonnia.

A cosa porta questa nuova scoperta

Comprendendo che l'ansia e le caratteristiche menzionate sono associate a un rischio maggiore di sviluppare il morbo di Parkinson dopo i 50 anni, si spera di poter diagnosticare la condizione più precocemente e aiutare i pazienti a ricevere il trattamento necessario.

In Italia, circa 300.000 persone convivono con la malattia di Parkinson, un numero che riflette l'andamento globale, dove l'incidenza è in aumento, principalmente a causa dell'invecchiamento della popolazione. Infatti, la malattia colpisce circa l'1% degli individui oltre i 60 anni, raggiungendo il 4% tra gli ultraottantenni. Gli uomini hanno 1,5 volte più probabilità delle donne di ricevere una diagnosi di Parkinson.

Il morbo di Parkinson è causato dalla degenerazione o morte delle cellule nervose nel cervello chiamate neuroni, che producono una sostanza chimica chiamata dopamina. La carenza di dopamina nelle persone affette da Parkinson provoca un'attività cerebrale irregolare e, sebbene la causa esatta sia sconosciuta, si ritiene che entrambi i fattori genetici e ambientali abbiano un ruolo determinante.

Qual è la cura per il Parkinson?

Sebbene non esista una cura definitiva, la terapia farmacologica con levodopa, agonisti della dopamina e inibitori della MAO-B aiuta a gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

In aggiunta ai farmaci, la chirurgia, come la stimolazione cerebrale profonda, e la riabilitazione fisica possono essere utili per il controllo dei sintomi motori e il mantenimento delle capacità funzionali.

La ricerca per nuove cure e terapie volte a rallentare la progressione della malattia e a trovare una cura definitiva è in costante sviluppo.

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Immacolata Duni
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