In alcuni casi particolari, come quando un lavoratore si rifiuta di svolgere alcuni compiti o alcune mansioni, si può licenziare? Il licenziamento rappresenta, sicuramente, una conseguenza alla quale nessun dipendente vorrebbe andare incontro.
Gli esempi possono essere diversi: si pensi al caso di un lavoratore al quale vengono assegnati compiti diversi da quelli per cui era stato assunto, ma sempre rientranti nella qualifica professionale.
Sull’argomento si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17270.
Il caso concreto analizzato dalla Corte di Cassazione riguarda un lavoratore dipendente che era stato licenziato per i seguenti motivi:
Il lavoratore, naturalmente, si è opposto. In Tribunale, ottenne un provvedimento a lui favorevole, mentre nel secondo grado la Corte d’Appello non aveva riconosciuto fondati gli argomenti, al fine della contestazione del licenziamento disciplinare. Il licenziamento è avvenuto per giustificato motivo soggettivo.
Per il giudice, infatti, il motivo lamentato dal dipendente era irrilevante per giustificare il rifiuto allo svolgimento della mansione e, inoltre, le stesse dichiarazioni fatte contraddicevano la sintomatologia.
In aggiunta, la mansione assegnatagli rientrava comunque in quelle previste per la sua qualifica lavorativa.
Il lavoratore non è rimasto soddisfatto dalla pronuncia e allora ha proseguito facendo ricorso in Cassazione. Secondo il lavoratore, infatti, il magistrato non avrebbe potuto estendere i motivi del licenziamento oltre quanto disposto dal contratto collettivo di settore.
Tuttavia, le motivazioni non sono state accolte. Un altro rigetto confermata anche dalla decisione del secondo grado.
Qual è la risposta della Cassazione? Nella sentenza n. 17270 viene affermato che il rifiuto reiterato e ingiustificato di svolgere le mansioni richieste dal datore di lavoro integra ragione sufficiente per fondare la decisione del recesso unilaterale, al di là di quanto indicato nella contrattazione collettiva di riferimento.
Cosa significa la sentenza della Cassazione? Al di là del caso, la sentenza mira ad un equilibro tra quelle che sono le esigenze aziendali e la tutela dei diritti dei lavoratori. In sostanza, è molto utile per diverse situazioni.
Nella sentenza della Cassazione in oggetto, in modo particolare, viene rimarcata la sussistenza dell’obbligo per il dipendente di svolgere i compiti che gli sono stati affidati dal datore di lavoro, a meno che questi non siano parte della sua qualifica professionale oppure del suo inquadramento.
Inoltre, solo quando l’azienda oppure il datore di lavoro imponga al lavoratore lo svolgimento delle mansioni che vadano oltre, allora il lavoratore interessato ha la possibilità di opporsi, ovviamente in modo legittimo, e non eseguire i compiti richiesti. Solo in questo caso, il licenziamento disciplinare viene considerato illegittimo.
Al contrario, ogni rifiuto ingiustificato e reiterato darà luogo a licenziamenti per giustificato motivo soggettivo, proprio come nel caso descritto e oggetto della sentenza della Corte di Cassazione.
Concludiamo, spiegando brevemente cosa significa licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Avviene quando il dipendente attua comportamenti meno gravi rispetto a quelli riconducibili alla giusta causa. Si tratta, in ogni caso, di motivi rilevanti proprio al punto da essere sanzionati con il licenziamento. Questa tipologia di licenziamento può essere disposta nei casi previsti dalla legge. Per esempio, quello descritto, ma ci può essere l’insubordinazione del lavoratore oppure l’abuso di assenze non autorizzate.