Il licenziamento per motivi economici è legittimo solo al verificarsi di un obbligo molto importante. Noto anche come licenziamento per giustificato motivo oggettivo è una tipologia di cessazione unilaterale del rapporto di lavoro che si verifica per ragioni produttive e organizzative aziendali.
La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sull’argomento. Ha rimarcato, con l’ordinanza n. 18904 al diritto dei lavoratori ad essere adibiti a mansioni inferiori.
Cosa vuol dire? Spieghiamo qual è la ratio del licenziamento per motivi economici, quando è legittimo e qual è l’orientamento della Cassazione.
In tema di licenziamento la disciplina è molto vasta e, spesso, anche la Cassazione si è espressa in proposito. Gli esempi possono essere infiniti, a partire dal licenziamento per malattia e fino alla possibilità di licenziare il dipendente che rifiuta di fare gli straordinari.
I casi di licenziamento illegittimo sono tanti, ma solo quando si verificano alcune condizioni. Ci occuperemo, in particolare, del licenziamento economico o per giustificato motivo oggettivo. Si tratta di una tipologia di cessazione del rapporto di lavoro che attiene a ragioni produttive e organizzative, oltre che al regolare funzionamento dell’azienda.
Il recesso deve essere unilaterale e fondato su una motivazione esistente e non pretestuosa. Il licenziamento deve essere sempre l’ultima spiaggia e, quando possibile, il datore di lavoro deve salvare il posto di lavoro del dipendente occupandolo in mansioni diverse.
Si tratta del repêchage, ovvero del diritto del lavoratore ad essere adibito a mansioni inferiori. Una possibilità non legata al recesso per ragioni disciplinari, ma solo al giustificato motivo oggettivo.
Il licenziamento per motivi economici è regolato dall’articolo 3 della Legge n. 604/66. In base alla suddetta legge, costituiscono giustificato motivo oggettivo di licenziamento individuale:
Il licenziamento per motivi economici è legittimo al verificarsi di quelle condizioni. È bene rimarcare di nuovo che non è dovuto a un inadempimento del lavoratore, ma a esigenze tecniche ed economiche dell’attività aziendale.
Sull’argomento si è espressa anche la Corte di Cassazione. Con l’ordinanza n. 18904 pubblicata il 10 luglio, è stata chiamata a decidere su una disputa di questo tipo.
In particolare, si trattava di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, sottolineando come anche a questo tipo di rapporto di lavoro debba essere esteso l’adempimento del repêchage, prima che venga inflitto il provvedimento del licenziamento.
Qual è il fatto? Un dipendente aveva impugnato in tribunale il licenziamento, considerandolo illegittimo. La Corte d’Appello di Roma ha rigettato la tesi in secondo grado.
La Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza rilevando che l’azienda aveva l’onero della prova di aver adempiuto all’obbligo di repêchage, ovvero alle mansioni inferiori. L’azienda deve dimostrare che alla data del licenziamento per giustificato motivo oggettivo non vi fossero posizioni lavorative in cui il dipendente possa essere reinserito.
Infine, prima di intimare il licenziamento, l’azienda deve sempre prospettare al lavoratore la possibilità di essere adibito anche ad una mansione inferiore, con conseguente possibile demansionamento.
Ovviamente, qualora il lavoratore non accettasse tale risoluzione, il datore di lavoro può optare per il recesso del rapporto di lavoro.
In definitiva, il provvedimento è favorevole al lavoratore. La Cassazione ha dato ragione al lavoratore, dichiarando l’illegittimità del licenziamento per motivi economici. L’azienda, infatti, non aveva potuto provare che non esistevano altre mansioni al momento del licenziamento.