TFR, spunta l’ipotesi di governo: destinare una parte del Trattamento di Fine Rapporto alla previdenza complementare.
Dopo la pausa estiva, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni riprende i lavori e riparte dal dossier sulle pensioni e sulla previdenza complementare. Spunta una proposta interessante da parte del sottosegretario della Lega Durigon, il quale chiede di destinare una parte del TFR nella previdenza complementare, fatta salva opposizione da parte del lavoratore. Anche la ministra del Lavoro ha sottolineato che sulla previdenza complementare si dovrà dedicare un po’ di riflessioni.
Dopo la pausa estiva il governo Meloni riprende a lavorare e lo fa dedicandosi ad un capitolo molto importante: il dossier sulle pensioni e sulla previdenza complementare. In particolare, si torna a riflettere sull’importanza della previdenza integrativa o sui Fondi pensione complementare. Spunta la proposta avanzata dal leghista Durigon, il quale sottolinea che parte del Trattamento di Fine Rapporto debba essere destinato automaticamente nei Fondi pensione integrativa, ad eccezione del fatto che il lavoratore decida di opporsi.
Il leghista sottolinea che il 25 percento del TFR debba essere destinato alla previdenza complementare e questa proposta sarà una delle tematiche che sarà discussa a settembre. Anche i sindacati puntano ad una fase di silenzio volta a ragionare sulla destinazione del TFR alla previdenza integrativa.
Sulla proposta sulla previdenza complementare è intervenuta anche la ministra del Lavoro Calderone, la quale ha sottolineato che sulla tematica ci sia necessità di fare opportune riflessioni. Il secondo pilastro previdenziale ha un ruolo rilevante e complementare rispetto alla previdenza cogente.
Dal Meeting di Rimini, la ministra del Lavoro ha commentato che si debba riaprire un semestre di silenzio volto a fare opportune riflessioni per dare uno slancio alla proposta del leghista. La proposta avanzata interesserà le giovani generazioni, ha sottolineato il dicastero del Lavoro. Affinchè la stessa vada in porto sarà necessario fare molta promozione e coinvolgere le organizzazioni datoriali e sindacali.
Per comprendere a che punto si trova la previdenza complementare in Italia è bene analizzare i dati a disposizione. Gli iscritti alla previdenza integrativa sono oltre 9,5 milioni, in crescita di quasi 4 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Secondo il report Covip, gli uomini iscritti sono 6 su 10. Il peso della componente giovanile sull’ammontare degli iscritti è cresciuto nel tempo, passando da oltre 17 punti percentuali del 2019 ad oltre 19 punti percentuali dello scorso anno.
La quota dei giovani è cresciuta grazie ai genitori, che hanno iniziato ad iscrivere i figli ai fondi pensione. In media chi è iscritto ad una forma di previdenza integrativa versa in media 2.800 euro, con qualche differenza a seconda dell’occupazione svolta. I lavoratori dipendenti versano di più rispetto ai lavoratori autonomi. I giovani versano di meno rispetto ai lavoratori di età compresa tra i 35 ed i 54 anni.
Per i conti pubblici non ci sarebbe alcun cambiamento, ma potrebbero sorgere determinati problemi per le aziende. Per le aziende con più di 50 dipendenti la liquidazione del TFR viene trasferita in automatico all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Per le piccole imprese la trattenuta del Trattamento di Fine Rapporto dei lavoratori, che non hanno scelto i fondi pensione, rappresenta un sostegno finanziario rilevante per l’attività aziendale.
In effetti, tale proposta non sarebbe una novità assoluta nel panorama italiano dal momento che nel 2006 i lavoratori furono chiamati ad optare se destinare il TFR alla previdenza integrativa o a lasciarlo in azienda. Rimane un nodo centrale da sciogliere: quello della burocrazia: lo snellimento procedurale potrebbe essere di ausilio dato che i cavilli burocratici disincentivano i lavoratori.