Tra i rebus che la Manovra di governo targata 2025 dovrà risolvere sul tema delle pensioni c'è quello della conferma o meno della quota 103. Il cantiere delle misure cosiddette "ponte" - quelle da riconfermare di anno in anno per offrire un'opzione in più ai contribuenti al fine di uscire anticipatamente rispetto alle formule classiche di pensione di vecchiaia e anticipata già aggravate dalla riforma Fornero - dovrà tener conto dei risultati che hanno prodotto le stesse misure in questi ultimi anni.
La platea di chi abbia scelto quota 103 nel biennio di permanenza tra le misure previdenziali è stata ben al di sotto delle attese. Lo stesso si può dire di opzione donna che, negli ultimi due anni, ha perduto l'appeal delle lavoratrici.
Ma i numeri vanno letti anche a seconda delle esigenze di bilancio del governo, a sua volta pressato dalle nuove scadenze (quella del 10 settembre della predisposizione del Piano strutturale di bilancio, da inviare poi alla Commissione europea entro il 20 settembre, e quella del 15 ottobre dell'invio del Documento programmatico di bilancio a Bruxelles).
E, allora, cifre non troppo elevate e, anzi, al risparmio - come nel caso della quota 103 negli anni 2023 e 2024 - possono essere letti in maniera favorevole in vista dell'obiettivo della tenuta dei conti e dei nuovi paletti imposti da Bruxelles.
Una lettura di questo tipo imporrebbe anche analisi approfondite sulle misure da introdurre in alternativa. La quota 41, anche nella versione "light" del ricalcolo contributivo (come accaduto per la quota 103 dal 1° gennaio 2024), produrrebbe una spesa per il 2025 stimata in almeno 600 milioni di euro.
Tempo di bilanci e di decisioni del governo sulla conferma o meno di quota 103 per il 2025 e con quali novità. Al capitolo pensioni, la misura ha fatto registrare un'adesione ben al di sotto delle attese negli ultimi due anni. Le uscite nel 2024 erano stimate nel numero di 17.000. Durante l'estate l'Inps ne ha calcolate appena 7.000. Probabilmente, entro la fine del 2024, non si arriverà a superare i 10.000 pensionamenti con i requisiti dei 62 anni di età unitamente a 41 anni di contributi versati.
La misura è stata penalizzata dalle novità arrivate nella scorsa legge di Bilancio. A partire dal 1° gennaio 2024, chi esce con quota 103 subisce il ricalcolo della pensione con il metodo contributivo puro, anche se proviene dal misto-retributivo. Una perdita di valore del montante contributivo che scoraggia molti sessantenni a valutare questa formula di prepensionamento.
La quota 103 era stata al di sotto delle attese anche quando non esisteva il ricalcolo contributivo, nel 2023. Infatti, nella versione "integrale" e al debutto della misura di pensionamento in sostituzione della quota 102 di Mario Draghi, la 103 aveva assicurato l'uscita anticipata a circa 25.000 lavoratori, rispetto alle stime di 41.100 nuovi pensionati.
Considerando il biennio, dunque, rispetto alle stime di 58.000 nuove pensioni con quota 103, i pensionamenti reali sono stati poco più della metà. Si arriverà a circa 34.000-35.000 nel biennio, con un risparmio sui conti pubblici non indifferente.
Infatti, a fronte di oltre 41.000 uscite del 2023, la prima legge di Bilancio di Giorgia Meloni aveva stanziato 571,3 milioni di euro, destinati a diventare 1,18 miliardi di euro l'anno successivo. Ma i pensionamenti reali, come visto, si sono fermati a non più di 25.000.
La legge di Bilancio 2024 ha stanziato, invece, altri 149 milioni per la misura (e 835 milioni per il 2025) a fronte di 17.000 nuovi pensionati con quota 103. Ma, anche per quest'anno, le uscite effettive saranno poco più della metà, anche in questo caso con risparmio di risorse.
Proprio il risparmio assicurato - sia per il disincentivo a scegliere misure che permettano di uscire prima ma che penalizzino l'assegno di pensione, sia per i requisiti resi meno agevoli di anno in anno - può in definitiva rappresentare l'ago della bilancia per la conferma di quota 103.