Ergastolo. Questa la pena inflitta dalla Corte d'Assise d'Appello di Bologna, presieduta dal giudice Domenico Stigliano, a Giovanni Padovani, l'ex calciatore reo confesso dell'omicidio dell'ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, consumatosi in via dell'Arcoveggio, a Bologna, il 23 agosto del 2022. La decisione è arrivata dopo qualche ora di camera di consiglio, al termine della discussione delle parti. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni a partire da oggi, 11 novembre 2024.
I giudici hanno confermato, in pratica, la sentenza già emessa in primo grado. Era ciò che aveva chiesto loro di fare l'accusa, rappresentata dall'avvocato generale dello Stato Ciro Cascone e dalla sostituta procuratrice generale Adele Starita.
avevano dichiarato stamattina in aula, sottolineando come l'imputato considerasse "Alessandra Matteuzzi di sua proprietà" e non le permettesse "di liberarsi di lui", disprezzandola al punto di insultarla anche quando ormai era a terra inerme. I fatti risalgono all'agosto del 2022.
Secondo le ricostruzioni, il 28enne - già denunciato dalla 56enne per molestie, maltrattamenti e stalking e sottoposto a un divieto di avvicinamento nei suoi confronti - la aspettò sotto casa per poi coglierla di sorpresa, prenderla a pugni e calci, colpendola con un martello e addirittura con un panchina davanti a diversi testimoni.
Il tutto perché, sempre secondo l'accusa, lei lo aveva lasciato, cercando di sottrarsi al suo controllo. Gli esperti che lo hanno visitato in carcere sono arrivati alla conclusione che era ed è totalmente capace di intendere e di volere. Per loro, in pratica, avrebbe volutamente esagerato i sintomi legati a patologie mentali, con l'obiettivo, forse, di ottenere uno sconto di pena.
Di diverso avviso la difesa, rappresentata dall'avvocato Gabriele Bordoni, che ha sempre tentato di dimostrare che al momento dei fatti Padovani non fosse lucido. Nel corso dell'udienza odierna, il legale aveva chiesto alla Corte d'Assise d'Appello di rinviare il processo di due mesi per completare nuovi accertamenti peritali e rivalutare l'ipotesi di un'infermità mentale del suo assistito all'epoca del delitto.
Richiesta che, dopo il parere contrario di tutte le parti coinvolte, è stata rigettata. Così come è stata rigettata quella di acquisire una risonanza magnetica fatta all'imputato dopo la sentenza di primo grado da un nuovo consulente della difesa. Risonanza da cui in sostanza sarebbero emerse delle anomalie al cervello, delle "cisti", che potrebbero essere collegate a un vizio parziale di mente del 28enne.
A citare queste presunte problematiche, prendendo la parola prima che i giudici si riunissero in camera di consiglio, è stato lo stesso Padovani. "Non chiedo niente: ho fatto una cosa orribile e, anche se non ero al 100%, ciò che ho fatto non ha giustificazione", ha dichiarato. E ancora:
Al momento della lettura della sentenza era ancora in aula. Come c'erano i familiari della vittima. "Giustizia è fatta", ha detto ai giornalisti presenti la sorella Stefania, che la sera in cui Alessandra morì era al telefono con lei e per prima sentì le sue grida. "Padovani non ha avuto rispetto nemmeno oggi per mia sorella", ha aggiunto, riferendosi alle sue dichiarazioni.
I giudici di primo grado avevano fissato a 100 mila euro il risarcimento per lei e per la madre della vittima; a 10 mila per i nipoti e a 5 mila per le parti civili, il Comune di Bologna e quattro centri a difesa delle donne.