Simonetta Cesaroni fu trovata morta, all'età di 20 anni, nel suo ufficio di via Carlo Poma a Roma. Era il 1990. Secondo le ricostruzioni, fu colpita per 29 volte e uccisa con un'arma bianca, forse un tagliacarte. Da chi, a distanza di 34 anni, non si sa ancora. I familiari vogliono la verità: l'avvocata Federica Mondani, che li assiste, ha spiegato a Tag24 che nel corso dell'udienza tenutasi ieri, 19 novembre 2024, davanti alla gip Giulia Arcieri - chiamata a decidere sull'archiviazione richiesta dalla Procura -, hanno presentato "nuovi elementi d'indagine". Elementi che potrebbero anche portare a una svolta, risolvendo il giallo.
"La richiesta di archiviazione presentata dalla Procura si riferisce a quattro esposti della famiglia. Prima che venisse fissata l'udienza, abbiamo depositato però altri due esposti, due denunce su cui le indagini - affidate al procuratore Alessandro Lia - sono in corso", afferma l'avvocata Mondani.
Spiegando che quindi, "anche in caso di archiviazione (la decisione della gip Arcieri, che si è riservata, è attesa tra una settimana circa, ndr), il procedimento rimarrà aperto" e la Procura continuerà ad indagare. La legale si dice "ottimista". "Ho avuto un'impressione positiva. La giudice ci ha ascoltati e mi sembra che anche Lia voglia cambiare il passo", dichiara.
Come rappresentante dei familiari della vittima, in udienza ha chiesto di continuare ad indagare, presentando anche nuovi elementi. "Vogliamo che venga acquisito il Dna di 16 soggetti mai attenzionati dalle indagini - spiega -. E che il Dna di queste persone - che potevano avere frequentazioni negli ambienti dell’AIAG (l’Associazione Italiana Ostelli della Gioventù per cui Simonetta si occupava di contabilità nella sede di via Carlo Poma, ndr) - venga confrontato, così come tutti gli altri già acquisiti, con tutte le tracce biologiche".
La seconda proposta è di ascoltare come persone informate sui fatti coloro che all'epoca prestavano servizio per la suddetta associazione. "Dai fogli firma riapparsi dopo essere spariti - perché sottratti, mai sequestrati o consegnati alla Procura - risulta che molti erano in ufficio il martedì e il giovedì. Simonetta è stata uccisa proprio un martedì", prosegue l'avvocata, che definisce poi "obsolete" le piste, risultate prive di fondamento, che portavano a Francesco Caracciolo Di Sarno, presidente dell'AIAG al momento dell'omicidio, e a Mario Vanacore, figlio del portiere dello stabile.
"Bisogna cercare comunque in quell'ambiente, nell'ambiente dell'associazione", secondo la legale. "Tra persone che avevano rapporti intimi, di lavoro e affari con Di Sarno o che comunque frequentavano gli ostelli", afferma. Di certezze, però, non ne ha.
A distanza da 34 anni, l'omicidio di Simonetta Cesaroni resta, infatti, un giallo. Il "giallo di via Poma", come lo chiamano in tanti facendo riferimento al luogo in cui è avvenuto. Di sospettati, negli anni, ce ne sono stati: lo stesso Pietrino Vanacore finì nel mirino degli inquirenti.
Poi fu il turno di Raniero Busco, fidanzato della 20enne, condannato e in seguito prosciolto da ogni accusa "per mancanza di prove". L'opinione generale è che il vero autore del delitto sia stato coperto; che le indagini, fin dall'inizio, siano state insabbiate.
I familiari di Simonetta aspettano la verità, come la aspettano quelli di Nada Cella, uccisa in circostanze simili a Chiavari. È attesa per oggi la decisione della Corte d'Assise d'Appello sul rinvio a giudizio dell'unica indagata, Annalucia Cecere.