Dopo quattordici tentativi andati a vuoto, il Parlamento è riuscito finalmente a eleggere i quattro nuovi giudici mancanti alla Corte Costituzionale.
L’accordo sulla quaterna di nomi è stato raggiunto in mattinata e alle 9,30 il Parlamento in seduta comune ha dato il via alle operazioni di voto eleggendo i quattro nuovi togati: Francesco Saverio Marini, indicato da FdI, Massimo Luciani, professore emerito di Diritto pubblico dell'Università La Sapienza di Roma in quota opposizioni e indicato dal Pd; Maria Alessandra Sandulli, giurista e professore ordinario a Roma Tre, il cui nome già nel 2014 era finito nella rosa dei possibili candidati per la Consulta (nome 'tecnico' individuato di comune accordo tra maggioranza e opposizioni) e Roberto Cassinelli, ex parlamentare e avvocato indicato, invece, da Forza Italia.
I quattro nuovi giudici andranno a completare la squadra della Consulta e resteranno in carica per i prossimi nove anni.
Francesco Saverio Marini, 50 anni romano, è il consigliere giuridico di Giorgia Meloni e da tutti considerato il padre della Riforma del Premierato. Figlio dell’ex presidente della Consulta Annibale, Marini è un giurista, avvocato cassazionista e docente di Istituzioni di Diritto pubblico all’Università di Tor Vergata, cattedra vinta ad appena 29 anni.
Un predestinato della Consulta, secondo molti, e un riferimento giuridico per Fratelli d’Italia. Il suo approdo presso la Corte Costituzionale è stato fortemente voluto dalla presidente Meloni anche davanti alle perplessità degli alleati e la contrarietà della maggioranza.
Il Partito Democratico ha indicato il professore Massimo Luciani quale candidato delle opposizioni nella quaterna di nomi per la Consulta.
Romano, classe 1952, accademico dei Lincei, Luciani è professore emerito di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma. In passato ha collaborato con l’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia nel coordinamento della commissione per la proposta di riforma del Consiglio superiore della magistratura.
È stato Presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti per il triennio 2015-2018.
Il suo nome ha messo d’accordo il centrosinistra e non ha sollevato veti da parte della maggioranza.
Sulla nomina del giudice in quota centrosinistra si è espresso a fine votazione il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte che ha sottolineato come i problemi fossero in casa centrodestra.
Elezione giudici Corte Costituzionale, Giuseppe Conte: “Abbiamo trovato un accordo e abbiamo finalmente eletto i giudici della Corte Costituzionale. Alla fine noi avevamo le idee più chiare della maggioranza.”#Cortecostituzionale #M5S #Conte pic.twitter.com/FtHQwNFdl5
— Tag24 (@Tag24news) February 13, 2025
In oltre 60 anni di storia, Alessandra Sandulli è la nona donna a essere eletta alla Corte Costituzionale e l’unica quota rosa nella quaterna odierna.
Il suo nome è in quota ‘tecnico’, quindi non è riferibile ad alcuna parte politica.
Nata a Napoli, classe 1956, Alessandra Sandulli è figlia d’arte, il padre Aldo Maria è tra i maggiori esperti di diritto amministrativo in Italia. Come il padre, anche la nuova giudice della Consulta insegna diritto amministrativo all’Università Roma Tre. È componente del Collegio garante della costituzionalità delle norme nella Repubblica di San Marino.
Ha lavorato in numerose commissioni di studio ministeriali tra cui quella che ha redatto il Codice del processo amministrativo. Attualmente è Presidente del Centro Studi Demetra.
In quota Forza Italia, infine, è il quarto nome sulla lista. Il partito del vicepremier Antonio Tajani ha indicato l’ex deputato Roberto Cassinelli non senza qualche malcontento nel partito.
Nato a Genova, classe 1956, Cassinelli è avvocato, patrocinante presso la suprema Corte di Cassazione ed è stato per due mandati consigliere dell’Ordine degli Avvocati del Foro di Genova.
È stato parlamentare per Forza Italia per tre legislature, due alla Camera e una al Senato.
Nel 2022 durante l’elezione del Presidente della Repubblica – che poi avrebbe visto la rielezione di Sergio Mattarella – il suo nome è risultato il terzo più votato dal Parlamento in seduta comune.