Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, entrato in vigore il 19 gennaio, si avvicina alla scadenza della sua prima fase. L’intesa, frutto di negoziati mediati da Egitto, Qatar e Stati Uniti, ha permesso la liberazione di alcuni ostaggi israeliani e il rilascio di detenuti palestinesi. Tuttavia, le tensioni tra le parti e le incertezze sul futuro dell'intesa sollevano interrogativi su ciò che accadrà. Mentre i negoziati per la seconda fase dovrebbero già essere in corso, restano dubbi sulla possibilità di un’accordo duraturo che se non verrà raggiunto porterebbe ad una ripresa delle ostilità.
Il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza ha avuto inizio il 19 gennaio. L’accordo è stato discusso grazie ai mediatori Egitto, Qatar e Stati Uniti, in particolare con il coinvolgimento dell’allora presidente Joe Biden e del team di Donald Trump. L'intesa era strutturata in tre fasi e la prima aveva una durata di 42 giorni.
Nonostante il fragile equilibrio tra Israele e Hamas, i termini concordati sono stati eseguiti come previsto. Migliaia di palestinesi, abitanti del nord della striscia, sono tornati nelle proprie case nonostante l'elevata distruzione avvenuta nella Gaza settentrionale. È stato riaperto il valico di Rafah, nel sud della Striscia, segnando un importante passo per il flusso di aiuti umanitari e consentendo il trasporto dei feriti fuori dall'enclave.
In questa prima fase della tregua era previsto anche il rilascio di 33 ostaggi israeliani in cambio di circa 2mila detenuti palestinesi. Fino ad oggi, Hamas ha rilasciato 25 ostaggi e le salme di altri sei.
Le prime settimane di tregua sono state segnate anche da tensioni tra le parti. L’ultima si è verificata dopo che il governo israeliano ha ritardato il rilascio dei detenuti palestinesi di diversi giorni. Tel Aviv ha dichiarato che ciò sarebbe avvenuto solo “finché non sarà assicurato il rilascio dei prossimi ostaggi e senza cerimonie umilianti”. Questa dichiarazione si riferisce ad un episodio in cui Hamas ha restituito i corpi degli ostaggi, esponendo le bare su un palco. In quel contesto era stato posto uno striscione raffigurante il premier israeliano Benjamin Netanyahu ritratto come un vampiro. La decisione di Tel Aviv è stata definita da Hamas “una grave violazione” dei termini del cessate il fuoco.
Nonostante ciò, Israele e Hamas hanno raggiunto un ulteriore accordo che prevede lo scambio dei corpi di quattro ostaggi israeliani con circa 600 prigionieri palestinesi, molti dei quali donne e bambini. L’annuncio è stato fatto dai mediatori egiziani.
Attualmente rimangono 63 ostaggi israeliani a Gaza. Non è chiaro, però, il numero preciso delle persone che hanno perso la vita.
Con l’avvicinarsi della scadenza della prima fase, è imperativo mantenere le promesse e procedere con la fase successiva dell’intesa. Questo permetterebbe la riunione degli ostaggi israeliani con i propri cari e, allo stesso tempo, getterebbe le basi per una stabilità duratura per i palestinesi che abitano nella Striscia di Gaza.
I negoziati per la seconda fase dell'intesa sarebbero dovuti iniziare nelle prime sei settimane del cessate il fuoco. Tuttavia, resta il dubbio sulla possibilità di raggiungere un ulteriore accordo che garantisca una pace duratura. Se non si troverà un intesa entro venerdì 28 febbraio, si teme un ritorno ai combattimenti, ma è sul tavolo anche un’estensione della prima fase dell’accordo, il che significherebbe congelare la situazione attuale.
L’inviato di Donald Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, si è recato nella regione e si attendono ulteriori sviluppi sulla continuità della tregua.
La successiva fase dell’accordo dovrebbe includere la fine definitiva dei combattimenti e il ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza. Parallelamente, gli ostaggi ancora nell'enclave dovrebbero tornare a casa.
L’incertezza sulle intenzioni di entrambe le parti e sulle garanzie di sicurezza per Israele e Hamas rende la situazione particolarmente delicata.