In un momento storico di sfiducia verso la politica e di promozione dell'astensionismo, sarebbe normale chiedersi quali siano stati i referendum con la maggiore partecipazione nella storia dell'Italia repubblicana. In testa alla classifica c'è il voto contro l'abrogazione dell'istituto del divorzio del 1974, una "risposta" dell'Italia conservatrice che naufragò proprio grazie alla grandissima partecipazione, che superò – e anche di molto – il quorum fissato al 50%+1: in quel caso l'87,7% degli aventi diritto al voto si recarono alle urne. Dati che oggi sembrano fantascienza.
Quattro anni prima era entrata in vigore la legge 898/1970, passata alla storia come "legge Fortuna-Baslini". Un passo in avanti storico per l'Italia che però aveva comportato una serie di discussioni e controversie. A farsi portavoce delle istanze contrarie al divorzio furono le aree ultraconservatrici della Chiesa Cattolica e della politica. In un contesto non troppo distante dal 1968, il fronte divorzista intese il referendum indetto per decidere se abrogare o meno il divorzio come una battaglia per i diritti civili e le libertà.
Alla fine vinse il No con il 59%, ma a destare stupore, con il senno di poi, è la grande partecipazione a questo appuntamento alle urne tenutosi il 12 e 13 maggio 1974. Numeri altissimi che oggi, se letti alla luce delle polemiche sulla promozione dell'astensionismo, spingono a farsi più di qualche domanda sull’evoluzione della democrazia e della partecipazione popolare.
La storia dietro al referendum del 1974 parte qualche anno dopo la promulgazione della legge del 1970 che disciplinava la separazione per la prima volta nel nostro Paese. I cattolici conservatori, una parte consistente della società italiana, si erano sempre detti contrari all'istituzione del divorzio. Il comitato promotore del referendum era guidato dal giurista Gabrio Lombardi che riuscì a raccogliere 1,3 milioni di firme per poter portare alle urne il quesito.
Lombardi incontrò l'opposizione di diversi cattolici più progressisti e accusò, in diverse occasioni, la Democrazia Cristiana di non essere stata incisiva sulla questione. Il fronte dei favorevoli al divorzio raccoglieva al suo interno le aree più conservatrici della DC e il Movimento Sociale Italiano, mentre il fronte dei favorevoli alla legge del 1970 era abbastanza ampio: dai comunisti ai radicali, passando per socialisti. Un grande fronte progressista, unito e compatto.
A votare si recarono l'87,7% degli aventi diritto al voto. Un dato giustificato dalla grande partecipazione politica dell'epoca e dalla volontà di difendere una delle più importanti vittorie figlie degli scorsi anni: il fronte del "No" all'abrogazione raggiunge il 59,3%, mentre il "Sì" raggiunse il 40,7%. Su 37,6 milioni di elettori si recarono alle urne più di 33 milioni di persone: un risultato superlativo che rende quello sul divorzio il referendum più partecipato della storia dell'Italia repubblicana.
Questo senza contare ovviamente il referendum per la forma di Stato del 1946, quando il nostro Paese, reduce dalla Seconda Guerra Mondiale, si recò alle urne per scegliere tra "monarchia" e "repubblica". In quel caso votò l'89,1%: oltre 24 milioni di persone su 28 milioni; tuttavia, quel referendum non rientra nella "fase repubblicana".
Ci sono altri tre referendum nella lista di quelli che annoverano un'alta partecipazione, ma nessuno di questi si avvicina a quello sul divorzio: il primo, subito dopo il 1974, è quello del 1993 sul finanziamento pubblico ai partiti che registrò il 77%, poi il secondo nel 1995 che vedeva anche temi ambientali e registrò il 57-58%, e infine quello sull'acqua pubblica nel 2011, al quale si recò circa il 54,8% degli aventi diritto al voto.
E quello che si terrà prossimamente su cittadinanza e lavoro? La partecipazione, secondo le recenti rilevazioni, si attesta attorno al 32-38%. Dati molto più bassi rispetto a 51 anni fa.