28 May, 2025 - 16:29

Pride, Italia assente nella condanna a Orbán. Luxuria: “Governo subalterno e deludente”

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Pride, Italia assente nella condanna a Orbán. Luxuria: “Governo subalterno e deludente”

Venti Paesi europei reagiscono alle politiche sempre più allarmanti dell’Ungheria di Orbán contro la comunità LGBTQIA+, firmando una dichiarazione ufficiale di condanna. L’Italia si sfila, unica tra i grandi Paesi dell’Europa occidentale.

Fa discutere – e non poco – la scelta del governo Meloni di non sottoscrivere il documento promosso dai Paesi Bassi, nato in risposta alle recenti modifiche costituzionali con cui Budapest ha ulteriormente irrigidito le restrizioni contro il Pride, ufficialmente vietato lo scorso marzo.

Secondo il Parlamento ungherese, infatti, le manifestazioni della comunità LGBTQIA+ violerebbero la legge del 2021 sulla protezione dei minori, che vieta espressamente la rappresentazione e la promozione di quella che viene definita, senza mezzi termini, “propaganda omosessuale”. Un pretesto, evidentemente, ma funzionale a comprimere ulteriormente gli spazi di espressione di una comunità che da tempo vive sotto attacco in Ungheria.

Pride, venti Paesi condannano Orbán. L’Italia si sfila

L'ennesima stretta sui diritti civili operata dal governo Orbán preoccupa sempre più le istituzioni europee, che da anni denunciano il mancato rispetto, in Ungheria, dei principi di uguaglianza e non discriminazione alla base dello Stato di diritto.

Anche perché, oltre ad aver bandito il Pride, il governo ultraconservatore di Orbán si è spinto ben oltre, approvando una modifica costituzionale per l’utilizzo delle tecnologie di sorveglianza – come il riconoscimento facciale – per l’identificazione dei partecipanti alle manifestazioni LGBTQIA+.

Una vera e propria linea rossa, che ha spinto venti Stati europei a reagire con una condanna formale: una presa di posizione non usuale, considerata la prassi di risolvere tensioni simili all’interno delle istituzioni europee, evitando confronti diretti tra Stati membri. A rompere gli indugi, i Paesi Bassi, capofila della dichiarazione.

«Con il pretesto della protezione dell’infanzia – si legge nel documento – si prevede l’imposizione di multe ai partecipanti e agli organizzatori di eventi come le celebrazioni annuali del Pride», anche grazie all’autorizzazione all’uso di «software di riconoscimento facciale», con gravi conseguenze «sulla libertà di espressione, il diritto di riunione pacifica e il diritto alla privacy». Una deriva, sottolinea la dichiarazione, incompatibile con «i valori fondamentali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani».

Il commento di Vladimir Luxuria

Se l’iniziativa ha raccolto sin da subito il sostegno di venti Paesi europei, pesa – e non poco – la grande assenza dell’Italia, unico Stato dell’Europa occidentale a non aver sottoscritto la richiesta all’Ungheria di rivedere le proprie leggi e alla Commissione di utilizzare, al più presto e pienamente, tutti gli strumenti a sua disposizione in materia di Stato di diritto, nel caso in cui tali misure non vengano ritirate.

Il silenzio del nostro Paese non è passato inosservato, tanto più alla luce dell’assenza di spiegazioni ufficiali da parte dell’esecutivo. Come è possibile giustificare le misure volute da Orbán, così apertamente lesive del diritto democratico di espressione e riunione? Come ignorare i pericoli dell’uso del riconoscimento facciale contro chi manifesta? Ne abbiamo parlato con Vladimir Luxuria: ex deputata, attivista, scrittrice e volto noto della televisione, che ai nostri microfoni ha dichiarato:

«Trovo molto grave l’astensione dell’Italia sulla condanna all’Ungheria. Parliamo della libera espressione del pensiero, di una manifestazione che, nella sua storia, è sempre stata pacifica e non ha mai creato problemi di ordine pubblico. Che tutto questo accada nel cuore dell’Europa è semplicemente allarmante.


Non uso spesso questo termine, ma stavolta è inevitabile: questo è fascismo. È un ritorno indietro nella storia, a quando si impediva alle persone di manifestare liberamente il proprio pensiero.

Qualsiasi governo, qualsiasi partito che si riconosca nella democrazia dovrebbe condannare con fermezza ciò che sta accadendo in Ungheria. Proprio per questo, la subalternità del nostro governo a Orbán mi lascia profondamente delusa: persino chi non condivide le rivendicazioni del movimento LGBTQIA+ dovrebbe comunque difendere il diritto di manifestare per i propri diritti».

Luxuria: "Astensione dimostra subalternità"

Ad aggravare ulteriormente la situazione, secondo Vladimir Luxuria, sono le modalità repressive con cui il governo ungherese sta operando la stretta:

«Siamo di fronte a fatti gravissimi: con il riconoscimento facciale si usa l’arma della paura. Si instaurano dinamiche di cui ignoriamo le reali conseguenze. Come verranno utilizzati questi dati? Per impedire l’accesso a un concorso pubblico? Per esercitare pressioni sulla tua famiglia? È un metodo antidemocratico, intimidatorio, fascista».

Alla domanda su quali siano le ragioni dell’astensione dell’Italia, Luxuria non ha dubbi:

«Tra Meloni e Orbán c’è una storica amicizia. Tuttavia, questa decisione dimostra subalternità e mancanza di coraggio».

Il riassunto in quattro punti

  1. Condanna internazionale all’Ungheria: Venti Paesi UE condannano le nuove leggi ungheresi che vietano il Pride e reprimono le manifestazioni LGBTQIA+, denunciando la violazione dei diritti fondamentali.
  2. Uso del riconoscimento facciale: Le modifiche costituzionali ungheresi autorizzano la sorveglianza tecnologica per identificare i partecipanti ai Pride, creando un clima di paura e controllo.
  3. Astensione dell’Italia: L’Italia, unica tra i grandi Paesi dell’Europa occidentale, non firma la dichiarazione, senza fornire spiegazioni ufficiali, attirando critiche e polemiche.
  4. La posizione di Vladimir Luxuria: L’attivista definisce la scelta del governo italiano “grave” e “subalterna”, accusando l’Ungheria di pratiche fasciste e antidemocratiche, e invocando una reazione unitaria e trasversale.

 

 

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